E bravo Peppino… Ai vertici della Consob, l’organismo pubblico che avrebbe dovuto vigilare su Borse e mercati finanziari, ruolo in cui è secondo solo alla Banca d’Italia, siede un uomo di nomina governativa che risponde al nome di Giuseppe Vegas. L’uomo, va detto subito, è un potente burocrate osannato e corteggiato da tanti. Personaggio qualche volta anche abbastanza distratto e reticente su vicende in cui, invece, dovrebbe o avrebbe dovuto vigilare nell’interesse del Paese e dei risparmiatori. E’ un commis d’Etat, un dispensatore di attenzioni e favori dove alla sua porta bisogna bussare sempre con i piedi, come si suol dire.
Ma il nostro è anche un uomo fortunato. Perché? La risposta è facile: il destino ha voluto che sulla sua strada, quella istituzionale ovviamente, un giorno finisse una questione molto delicata. Quella nota e dibattuta soprattutto per le fregature date a decine di migliaia di correntisti rapinati che avevano avuto la disgrazia di depositare i loro sudati risparmi in Banca Etruria. Per essere più chiari, la banca gestita e portata alla bancarotta, tra gli altri, dal padre dell’attuale ministro per i rapporti con il Parlamento ma all’epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, autentico braccio destro del premier Renzi, Maria Elena Boschi.
Ed ecco il “coupe de theatre”che nessuno si aspettava. Nella foga ma anche nello smaliziato tentativo di smarcarsi rispetto a chi la accusa di aver mentito di fronte al Parlamento, la Boschi, ieri, in un confronto televisivo con Marco Travaglio, ha calato quello che riteneva essere un asso ma che alla fine potrebbe rivelarsi solo un lenzuolo sporco, che la dice lunga sul penoso tentativo di nascondere la verità. E torniamo a Peppiniello. Cosa fa il presidente di Consob, il 29 maggio del 2014, quando il padre della Boschi, Pierluigi, avvertiti i primi pesanti scricchiolii della banca, consulta l’amico Flavio Carboni e la P2 (ma si sa, siamo ad Arezzo)? Manda ad Elena una mail molto confidenziale (che ovviamente il ministro ha gelosamente conservato), con la quale la invita a casa sua per le otto del mattino del giorno dopo.
Alle otto del mattino? Sì, proprio così. Peppiniello invita la bella Elena per un meeting mattutino quando abitualmente si gira per casa ancora in pigiama. Una richiesta “inusuale”, dice la Boschi oggi, che precisa: “Vegas mi invitò a casa sua ma non lo vidi lì”. Gli dissi “meglio al ministero o a Palazzo Chigi”. Brava Elena. Grande, grandissimo il suo senso delle istituzioni.
Ora però poniamoci la seconda domanda. Vegas e la Boschi di cosa dovevano parlare, magari davanti ad un cappuccino e all’immancabile brioche? Ma di Banca Etruria, ovviamente, perché il sottosegretario all’epoca “temeva” (sostiene Peppino), “l’abbraccio mortale della Popolare di Vicenza”, istituto anch’esso sull’orlo del collasso, con la banca di papà Pierluigi. Particolare quest’ultimo che emerge solo ora dopo che il Parlamento ha nominato una commissione d’inchiesta per fare luce sul crac delle banche, territorialmente molto vicine al Pd di Renzi, ma che al ministro non venne in mente di raccontare il 18 dicembre del 2015, quando la ministra per difendersi scongiurò (mentendo) il rischio di dimissioni così come sollecitate da Movimento Cinque stelle e dall’opposizione di destra.
Vegas oggi conferma : “Ci sentimmo e vedemmo più volte”. E la bella Elena replica: ma io non “feci pressioni” . E’ vero. Non voleva condizionare nessuno voleva solo aiutare il padre. Battuta risibile, smentita ovviamente da tutte le circostanze emerse finora. Presto, altre smentite e la pietra tombale sul cumulo di bugie dette potrebbe portarla, in commissione d’inchiesta, l’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni, anche lui felice estratto a sorte che ha avuto l’onore di dialogare in materia di banche, con la figlia di papà Boschi.
Il ruolo della ministra in tutta la vicenda Banca Etruria è fin troppo chiaro nelle sue linee essenziali. La Boschi a partire da quella lontana primavera del 2014 intervenne, e pesantemente, nel tentativo (non del tutto vano) di evitare il peggio scaricando parte delle responsabilità, gravissime degli amministratori, su istituzioni e vigilanza. Interferì con chi doveva indagare e denunciare invece di tacere e rendersi complice di trattative sottobosco, peraltro con quella sponda pecoreccia dell’invito a casa propria, fatta dal presidente di Consob. In un paese che non si chiamasse Italia Peppiniello Vegas e Maria Elena Boschi sarebbero a casa già da tempo, cacciati a furor di popolo. Ma da noi, si sa, gira tutto al contrario. Restiamo un Paese diverso perché sempre garantista con la Casta. Un Paese così diverso che consente alla Boschi sempre più imputtanata nel castello di bugie dette e difese, di trovare il coraggio di rilanciare e attaccare.
“Purtroppo c’è un accanimento incredibile nei miei confronti ma se pensano che questo mi possa far mollare si sbagliano di grosso. Non hanno capito chi sono. Ora si combatte…”. Si tranquillizzi, signora ministra. Chi è lei lo abbiamo capito benissimo. I suoi squilli di tromba sono degni di miglior battaglia. L’importante è che la stupida arroganza di cui dà continuamente testimonianza finisca qui, magari pensando a quelle decine di migliaia di famiglie rovinate da suo padre e dai suoi amici, famiglie alle quali forse dovrebbe rivolgersi con maggiore deferenza e rispetto.
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