Le immagini dei profughi che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015 valgono due premi Pulitzer. A vincerli, nella sezione Breaking News Photography, lo staff foto dell’agenzia Reuters a pari merito con un gruppo di fotografi del New York Times, composto da Mauricio Lima, Sergey Ponomarev, Tyler Hicks e Daniel Etter.
Quest’anno i Pulitzer sono arrivati alla centesima edizione: i primi furono assegnati nel 1917. Intitolati a Joseph Pulitzer, il giornalista ed editore la cui eredità servì a fondare la scuola di giornalismo della Columbia University di New York, sono assegnati da una giuria di 102 membri in 21 categorie.
Per i fotografi della Reuters si tratta del terzo Pulitzer negli ultimi otto anni. Nel 2008, sempre nella categoria Breaking News, si era imposta la foto di Adrees Latif che ritraeva un videoreporter giapponese ferito durante una manifestazione in Birmania. Nel 2014 a vincere erano stati Jason Szep e Andrew R. C. Marshall, sempre per un lavoro in Birmania – si erano occupati della repressione della minoranza musulmana da parte della giunta militare –, ma nella sezione International Reporting.
Quanto al NYT, a guadagnarsi l’attenzione della giuria è stato soprattutto il lavoro di Lima e Ponomarev, che hanno seguito una famiglia siriana in viaggio dai Balcani alla Svezia.
I due fotoreporter si sono dati il cambio a Belgrado: Ponomarev, che aveva accompagnato la famiglia Majid dalla Macedonia alla Serbia, è rientrato a Mosca e ha lasciato il lavoro al suo collega.
“Quel fiume di umanità sembrava un esodo biblico”, ricorda ora il fotografo russo. “L’effetto delle migrazioni si sentirà per decenni”.
Mauricio Lima, brasiliano, ha accompagnato la famiglia da Belgrado fino a Trelleborg, il porto d’ingresso in Svezia. Hanno viaggiato in autobus, treno e barca, ma anche per lunghi tratti a piedi. Il suo lavoro accanto ai migranti, però, non è ancora finito: è rimasto in Svezia a documentare le conseguenze politiche e sociali dell’esilio, ed è stato praticamente adottato dai Majid. Ha ricevuto la notizia del premio mentre stava giocando con i loro figli ed è scoppiato a piangere.
Quanto agli altri premi, nella categoria Servizio pubblico – l’unica ad assegnare una medaglia d’oro invece di un prosaico assegno da diecimila dollari – ha vinto l’agenzia Associated Press, per i suoi reportage sugli abusi sui lavoratori stranieri nell’industria della pesca nel Sud-est asiatico. L’indagine dell’AP ha dato il via a un’inchiesta giudiziaria, con oltre duemila pescatori liberati dalle condizioni di schiavitù in cui vivevano, condanne a pene esemplari e una campagna di riforme avviata dal governo indonesiano
Nella sezione Breaking News Reporting ha vinto il Los Angeles Times, per la sua copertura della strage di San Bernardino, mentre nella categoria giornalismo investigativo si sono imposti due quotidiani della Florida, il Tampa Bay Times e il Sarasota Herald-Tribune, che hanno collaborato a un’inchiesta sugli ospedali psichiatrici nello Stato USA. Il TBT si è aggiudicato anche il premio nella sezione Local Reporting per un’inchiesta sulla malagestione di alcune scuole cittadine e sulle sue conseguenze nella vita degli studenti.
Nella sezione Explanatory Reporting hanno vinto Christian Miller di ProPublica e Ken Armstrong del Marshall Project, che hanno denunciato l’impreparazione delle forze dell’ordine nelle indagini sugli stupri e nella capacità di capire e spiegare i loro effetti traumatici. ProPublica, fondato nel 2007, è stato il primo giornale online a vincere un premio Pulitzer, nel 2010, per un servizio di Sheri Fink sul lavoro negli ospedali di New Orleans all’indomani dell’uragano Katrina.
Il Washington Post ha vinto nella sezione National Reporting per aver compilato un database che classifica in base al sesso, all’età, all’etnia e al livello di minaccia tutte le persone uccise ogni anno dalla polizia USA.
Nella categoria International Reporting, il premio è andato al servizio di Alissa J. Rubin, una firma del NYT, sulle condizioni di vita delle donne in Afghanistan.
F.M.R.
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