Olandesi e sudditi di Sua Maestà stanno già votando. Il conto alla rovescia delle prossime elezioni politiche europee che, domenica sera, darà volto e voce al nuovo Parlamento Ue e alla Commissione che guiderà fino al 2024 le sorti dei 28 paesi che la compongono, è iniziato.
Diciamo subito che è davvero problematico capire come possa andare a finire.
Anche i sondaggi, veri, taroccati o di parte non aiutano a capire il quadro generale che potrà emergere dalle urne domenica sera.
Nulla sembra scontato. Il vero confronto è tra il vecchio ed il nuovo che si è materializzato soprattutto negli ultimi dieci anni. Ovvero il muro dell’antirigorismo che ha portato alla nascita dei partiti sovranisti e populisti, nuove realtà politiche hanno già cambiato il volto politico di molti governi e parlamenti europei.
L’Europa ora è chiamata a pronunciarsi sui cinque anni deludenti e asfissianti delle gestione Juncker sostenuta dall’alleanza Ppe-socialisti e loro alleati, con lo sguardo ed il portafoglio sempre rivolti a tre sole capitali, Berlino, Parigi e la Francoforte dei banchieri oltre che a due soli artefici: la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente francese Macron.
Davanti e dietro le quinte la grande finanza internazionale e diciamolo molto apertamente, grandi e profondi interessi economici delle nazioni guida, mai intaccati e mai veramente messi in discussione.
Adesso il voto, che tra l’altro cade nel momento in cui l’Inghilterra, grazie alla probabile vittoria dell’euroscettico Farrage e alla uscita della May, lascerà definitivamente l’Europa nel giro dei prossimi mesi.
Un quadro come si può ben vedere in grande movimento, dove immaginare anche un solo punto fermo di riferimento per il prossimo governo Ue non è facile. Intanto si tratta di capire la portata della vittoria dei sovranisti-populisti e il livello di tenuta dell’asse Ppe-socialisti. Importanti poi, gli accordi e le alleanze che vincitori e vinti sono pronti a fare, alla luce anche degli accordi interni nei loro Paesi.
Proviamo a vedere cosa potrebbe accadere in Italia, dove le fibrillazioni per il voto europeo hanno portato sull’orlo della crisi il governo giallo verde di Salvini e Di Maio. Per quanto riguarda il primo, il vento in poppa non accenna a diminuire anche se con minor forza di qualche settimana addietro. Per i Cinquestelle il voto di domenica potrebbe riservare qualche sorpresa negativa e sicuramente un risultato non all’altezza delle elezioni del 4 marzo 2018. La conta dei suffragi, inutile dirlo, ci farà sapere se e a quali condizioni potrà continuare il governo del premier Conte e se e a quali condizioni potranno nascere altre maggioranze di governo.
E da questo punto di vista le grandi manovre sono in corso soprattutto nel centro destra, dove a farla da padrone potrebbe essere un nuovo asse Lega-Fratelli d’Italia, asse per il quale nelle ultime ore Giorgia Meloni si sarebbe resa disponibile, visti anche il probabile discreto successo di Fdl e la continua erosione di voti che invece attanaglia la sempre più pallida compagine di Forza Italia, relegata insieme ad un esangue Pd in una sterile e poco produttiva opposizione al governo.
Ma quali fattori e quali scelte determineranno il voto pro o a favore della vecchia Ue.
Tre gli elementi trainanti il voto. La stagione dell’austerity e del rilancio economico dell’area Ocse, il fenomeno immigrazione e la gestione dei suoi problemi, la sicurezza e le alleanze internazionali. Per il capitolo politiche del rigore e del capestro finanziario voluto da Ppe e socialisti, margini di sopravvivenza se ne vedono pochi. Sicuro invece il cambiamento, perché il 70/80% degli elettori europei, da destra a sinistra, vuole archiviare questa drammatica esperienza di politiche di bilancio restrittive asservite al potere bancario. Il voto premierà chi chiede meno finanza e più economia reale, insieme ad una maggior tutela della famiglia e della legislazione sociale. Ed in questo lo schieramento di centro destra sembra oggettivamente favorito, considerato che una fetta dell’elettorato oggi Ppe e socialisti potrebbe spostarsi verso quanti rivendicano più attenzione per le aspettative di un elettorato moderato che non vuole comunque puntare su partiti che esprimono posizioni più radicali.
Immigrazione. Il fenomeno trascinerà con sè il voto viscerale di chi prefigura derive apocalittiche rispetto a flussi per troppo tempo rimasti fuori controllo. Flussi è bene ricordarlo che, negli ultimi anni, hanno generato, soprattutto in Italia, un miserabile e ricco mercato dell’immigrazione clandestina sia a livello interno che internazionale.
Il problema della sicurezza e delle alleanze internazionali poi, schiacciata com’è l’Europa, tra gli Usa di Trump e la Cina di Xi, farà, anche se in misura minore, la sua parte. Ma diciamo subito che non saranno certo i problemi di politica internazionale a dominare la scena e determinare la scelta del voto. Come dire che in Europa, da domenica, nulla sarà più come prima.
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