Il Consiglio dei ministri raccoglie la sfida della Cgil: il referendum per l’abrogazione di disposizioni sul lavoro accessorio (voucher) e alle norme “limitative della responsabilità in materia di appalti” si terrà domenica 28 maggio 2017.
Per la segretaria generale Susanna Camusso, per evitare di andare alle urne c’è una sola soluzione e cioè stabilire limiti molto netti per la retribuzione occasionale. In questo senso quindi, i voucher, ovvero sono buoni da 10 euro — 7,5 euro netti tolti i mini contributi e la quota Inail — dovranno essere utilizzati soltanto “dalle famiglie, acquistati all’Inps e non in tabaccheria, per retribuire, infine, la prestazione occasionale e accessoria di disoccupati di lunga durata, pensionati e studenti”.
In caso contrario, si andrà al referendum. Una partita che la Camusso si dimostra sicura di vincere. “I voucher, come gli appalti, sono diventati il simbolo questo progressivo degrado del lavoro – ha spiegato a Repubblica la leader della Cgil – Le persone hanno ben colto la contraddizione tra ciò che veniva raccontato e ciò che realmente accadeva e accade. Per questo sono convinta che il quorum si raggiungerà, come d’altra parte è stato nel caso del referendum sull’acqua pubblica, e non sottovaluterei la larga partecipazione al referendum costituzionale”.
“Non è con un maquillage legislativo che si può pensare di risolvere il problema dei voucher. Noi ne chiediamo l’abrogazione, chiediamo la cancellazione di una forma di precarietà”, ha aggiunto la segretaria generale Cgil.
Cosa sono i voucher. I voucher sono stati ideati e introdotti dal Governo nel 2008 per combattere il lavoro in nero. Nati per retribuire lavoretti domestici, dalle pulizie al giardinaggio alla consegna porta a porta ma principalmente per tutelare categorie deboli come colf e badanti, nel tempo il loro uso si è allargato enormemente, andando ben oltre l’ambito domestico. Oggi viene utilizzato da aziende nel settore del commercio, dell’agricoltura e dell’intrattenimento (dai ristoranti ai bar) per prestazioni di lavoro che non superino i 7 mila euro netti annui di retribuzione. In precedenza la soglia era fissata a 5 mila euro ma poi è stata elevata nel 2015 con il Jobs Act. Per i pensionati o cassaintegrati la cifra scende a 3 mila euro.
Ad oggi, i soggetti che possono accedere al lavoro accessorio (non riconducibile, quindi, a contratti di lavoro in quanto svolto in modo saltuario) sono i pensionati, gli studenti nei periodi di vacanza, i cassintegrati, i lavoratori in part-time, gli extracomunitari in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento di attività lavorativa e gli inoccupati.
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