Nei primi 20 giorni di febbraio sono giunte 76 mila richieste di accesso alla decontribuzione prevista per le imprese a fronte delle assunzioni a tempo indeterminato.
Un numero significativo che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha salutato come un “dato incoraggiante”, sottolineando anche come le assunzioni potrebbero essere molte di più.
Boeri ha spiegato che queste rilevazioni verranno rese note “sistematicamente” alla fine di ogni mese, e che verranno fornite le “comparazioni sulle imprese e le assunzioni” fatte nel passato.
In pratica, il riferimento è allo sgravio introdotto dalla legge di stabilità che permette, alle aziende che assumono con contratti a tempo indeterminato, di non versare contributi previdenziali nei primi tre anni per un tetto massimo di 8mila euro.
Un sostegno che, sommato al taglio dell’Irap, ha permesso il delinearsi di questo risultato che, tuttavia, va relativizzato nel contesto della tipologia dei contratti stipulati.
A chiarire la natura dei contratti a tempo indeterminato che hanno fatto esultare Boeri è Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. La stima dei primi mesi del 2015 vede circa 275mila persone assunte a tempo indeterminato con l’esenzione contributiva triennale, ma l’80% di queste, però, è una stabilizzazione di un rapporto di lavoro precario già in essere.
Si tratta di trasformazioni di “collaborazioni a progetto, contratti a termine e partite Iva – spiega De Luca – mentre un altro 20% riguarda nuove assunzioni e dunque incrementi occupazionali”.
Perplessità arrivano anche dal segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, che invita a non “esaltare dati parziali” visto che “le nuove assunzioni sembrano essere in linea” con il trend “precedente al nuovo incentivo previsto dalla legge di stabilità”. Loy, dunque, ritiene che i numeri siano “ben lontani da ciò che ci si attendeva come effetto dell’esonero”.
Per quanto l’occupazione abbia già fatto registrare una inversione di tendenza, come evidenziato dall’Istat secondo il quale nel quarto trimestre 2014 si è registrato un aumento del numero di occupati su base annua del +0,7%, pari a 156.000 unità, le 275mila assunzioni raggiunte in questi mesi del 2015 contribuiscono a riportare i livelli del mercato del lavoro a quelli di prima della crisi.
Nel contesto più ampio di un sistema economico che risente dei benefici del quantitative easing, e che raggiunge traguardi positivi grazie alle politiche monetarie messe in piedi dalla Bce – fermo restando l’impegno dei governi a mettere in piedi un processo di riforme strutturali – anche il mercato del lavoro risente del traino degli incentivi che la garanzia dei flussi di credito genera.
La possibilità di una ripresa economica, anche visto l’andamento del mercato statunitense che si sta riprendendo in maniera corposa dopo il tonfo del 2008, è dunque concreta.
Anche per il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il QE rappresenta una forte spinta per tutta la zona euro, ma diventa un segnale “ancora più positivo se interpretato come segnale politico” per un ritorno a una spinta sull’Europa.
A chiarire come le scelte di politica monetaria ultra espansive siano un incentivo per i Paesi dell’Eurozona a continuare a realizzare le riforme messe in cantiere è stato lo stesso Mario Draghi intervenendo, ieri, a Francoforte.
Il Qe “crea un incentivo a far le riforme e la recente ripresa ci fornisce una finestra di opportunità, con le condizioni per spingere in avanti le riforme che rendano l’area euro meno fragile” ha evidenziato il numero uno dell’Eurotower.
Come a dire: la ripresa è possibile, ma la chance non deve essere sprecata dalla politica.
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