L’Europa corre ai ripari dopo gli attentati di Parigi, e alza il livello di guardia alle frontiere. I ministri dell’Interno e della Giustizia dei 28 Stati membri UE, riuniti in un vertice straordinario a Bruxelles, hanno deciso di chiedere alla Commissione una revisione degli accordi di Schengen, che regolano la circolazione delle persone attraverso i confini degli Stati. In particolare si vuole modificare l’articolo 7.2 del Trattato, sui controlli alle frontiere esterne dell’area di libera circolazione.
I ministri chiedono controlli “necessari, sistematici e coordinati”, ma soprattutto obbligatori anche per i cittadini europei. Ora come ora sono facoltativi e ogni Stato decide i suoi standard in autonomia. L’effetto si è visto nei giorni scorsi a Parigi: negli ultimi mesi, forti della loro cittadinanza europea, diversi terroristi responsabili degli attentati erano entrati e usciti più volte dall’area europea di libera circolazione, alcuni addirittura per andare a combattere in Siria a fianco dell’ISIS.
La bozza delle conclusioni del vertice trasmessa stamattina alle agenzie di stampa prevede che il nuovo regime di controlli sia in vigore entro marzo 2016 in coordinamento con l’Europol, l’agenzia UE che combatte il terrorismo e il crimine transnazionale in genere.
Sulla disciplina dei confini interni non è prevista alcuna revisione, ma è facile immaginare che l’effetto di controlli più rigorosi ai margini dell’area si rifletta anche al suo interno. Per il resto gli Stati sono liberi di reintrodurre controlli alle frontiere in caso di emergenza, esattamente come sta facendo la Francia in questi giorni, in previsione della conferenza mondiale sul cambiamento climatico che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre.
La Francia è uno degli Stati che hanno insistito di più per ottenere questa riforma, già prima della strage del 13 novembre, e anche prima degli attentati a Charlie Hebdo e all’Hyper Cacher dello scorso gennaio.
“Serve che non ci si limiti a registrare chi arriva, ma che si facciano verifiche sulle basi di dati nazionali ed europee, e che tale consultazione dei dati sia obbligatoria”, spiega un diplomatico francese. “Questo implica che questa base di dati sia alimentata in tempo reale da tutti i paesi di Schengen, con le informazioni sulle persone che entrano, in particolare i sospettati di terrorismo”.
L’Europol, d’altra parte, ha dato l’allarme già ieri: secondo il direttore Rob Wainwright c’è una probabilità “ragionevole” di altri attentati in Europa.
Abbiamo a che fare con un’organizzazione terroristica determinata, seria, con ampie risorse e attiva nelle nostre strade.
Finora a prendere provvedimenti sono stati solo i singoli Stati. In Francia ieri il Parlamento ha autorizzato il prolungamento fino a tre mesi dello stato d’emergenza, che dà ai prefetti in via eccezionale il potere di limitare la libertà di circolazione e di soggiorno, vietare manifestazioni e autorizzare perquisizioni al posto dei tribunali.
In Belgio invece il governo ha rinforzato i contingenti militari di pattuglia nelle città, ha autorizzato l’uso del braccialetto elettronico per tenere sotto controllo i sospetti e ha obbligato chi compra carte SIM a presentare un documento d’identità.
Entrambi gli Stati sono accesi sostenitori del PNR europeo, il registro dei nomi dei passeggeri aerei (la sigla viene dall’inglese Passenger name record) che il Consiglio vorrebbe far entrare in vigore entro la fine dell’anno. I governi dei 28 sperano di affiancargli la schedatura dei voli internazionali, mentre il premier belga Charles Michel ha proposto ieri di estendere l’iniziativa ai treni ad alta velocità. Del PNR si parla da diverso tempo, ma il Parlamento di Strasburgo è sempre stato diviso in materia a causa dei rischi per la riservatezza dei dati personali.
Filippo M. Ragusa
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