Sul Brexit la UE ha scelto la linea dura. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha vietato ai Commissari di discutere con membri del governo di Londra.
A Strasburgo, durante il suo intervento davanti al Parlamento UE riunito per l’occasione in seduta plenaria, Juncker ha spiegato di non volere che “si affermasse l’idea di negoziati segreti a porte chiuse”. No notification, no negotiation: tra Londra e Bruxelles non ci saranno contatti formali finché il premier dimissionario David Cameron – o il suo successore, che gli subentrerà a settembre – non avvierà le procedure previste dall’Articolo 50 del Trattato di Lisbona per lasciare la UE. “Non è ammissibile che ora il governo britannico cerchi di avere contatti informali” con l’esecutivo europeo, continua Juncker. Il presidente della Commissione paragona l’ordine categorico di non parlare a porte chiuse a una fatwa. E chiosa: “Dobbiamo costruire un nuovo rapporto con la Gran Bretagna, ma siamo noi a dettare l’agenda, non chi vuole uscire”.
La Cancelliera federale tedesca Angela Merkel sposa in pieno la sua linea. Più conciliante, almeno nei toni, è il presidente del Consiglio UE, Donald Tusk. “Rispettiamo il volere dei britannici”, ha detto Tusk aprendo il Consiglio Europeo di oggi pomeriggio, “ma dobbiamo rispettare i Trattati, che dicono che sta al Governo britannico avviare la procedura”. Si tratta del “solo modo legale” per uscire dalla UE, e “perciò dobbiamo essere pazienti”.
Tusk ha indetto un vertice straordinario il prossimo settembre a Bratislava, la capitale della Slovacchia.
Anche Strasburgo chiede che la “revoca” dell’adesione della Gran Bretagna alla UE sia messa in atto in modo “rapido e coerente”. La seduta plenaria convocata in via straordinaria per discutere del Brexit ha approvato la risoluzione a larga maggioranza: 395 favorevoli, 71 astenuti, 200 contrari. Contrari, soprattutto, gli europarlamentari di Europa delle libertà e della democrazia diretta, il gruppo di cui fanno parte il Movimento 5 stelle e l’UKIP, il partito di Nigel Farage.
Proprio il discusso segretario degli euroscettici inglesi, uno dei protagonisti della campagna referendaria d’Oltremanica, a Strasburgo è stato protagonista di una scena insolita con Juncker. Quando il presidente della Commissione ha sostenuto la necessità di rispettare la volontà dei britannici, l’euroscettico inglese ha partecipato all’applauso. “È l’ultima volta che applaude in quest’aula”, ha notato Juncker. “A dire il vero devo dire di essere sorpreso di vederla qui. Lei non era per il Brexit?”
Dopo la fine del discorso i due si sono intrattenuti per qualche minuto in Aula, e si sono salutati con una certa cordialità. Meno delicato con Farage è stato il capogruppo dei Popolari europei, Manfred Weber: l’europarlamentare tedesco ha accusato il gruppo dell’inglese di contenere “i peggiori bugiardi” di Strasburgo. Si riferisce alle promesse irrealistiche fatte da esponenti dell’UKIP durante la campagna referendaria, su cui Farage ha fatto marcia indietro senza clamori a ridosso del voto, come quella di rifinanziare il servizio sanitario nazionale britannico con con i 350 milioni di sterline che prima finivano nelle casse europee.
Secondo Farage i negoziati per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione dovranno finire “prima possibile”. Nel frattempo non ha intenzione di dimettersi “finché il lavoro non sarà fatto”. “Se abbiamo vinto la guerra, ora dobbiamo vincere la pace”.
F.M.R.
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