Di un intero anno lavorativo, quasi tre quarti sono serviti solo per pagare le tasse. Quel che rimane, poco più di un terzo, per procurarsi gli utili necessari a tirare avanti. Utili che qualora fossero in sovrabbondanza potrebbero anche essere reinvestiti in migliorie per l’azienda e per i suoi operai.
Fino a ieri le imprese romane hanno lavorato solo per il Fisco. Solo ggi, finalmente, cominciano a produrre per sé e per le proprie famiglie. Le Pmi di Roma – tra le ultime in Italia – spengono le candeline del Tax Free Day, che nel 2016 arriva il 262esimo giorno dell’anno, uno in più rispetto al 2015.
La ‘ricorrenza’ è stata festeggiata dalla Cna di Roma nella Casa delle imprese di Garbatella alla presenza del presidente della Cna capitolina, Erino Colombi, del responsabile ufficio Politiche fiscali della Cna nazionale, Claudio Carpentieri, del presidente della Camera di commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti e dall’assessore capitolino all’Ambiente, Paola Muraro, che insieme hanno brindato e tagliato una torta, con tanto di candeline, rappresentante il grafico dei giorni dell’anno necessari per il pagamento delle tasse e di quelli di profitto rimasti agli imprenditori. Torta che quest’anno, però, non ha solo le tradizionali due fette, i 262 giorni di tasse e i 103 di guadagni rimasti per la famiglia, ma anche una terza: sono i 7 giorni che, calcola la Cna, le imprese avrebbero potuto guadagnare se il Campidoglio avesse applicato il regolamento sui rifiuti, quantificati in 2mila euro ad attivita’. Tema su cui c’è però già un tavolo aperto tra associazioni e imprenditori.
Nella Capitale le tasse ‘mangiano’ oltre il 70% del reddito d’impresa (71,6%, l’anno scorso era il 71,7%) contro il poco più del 60% del dato nazionale, e la città resta nuovamente tra le ultime ad arrivare al ‘giorno della liberazione’ dalle tasse delle proprie piccole e medie imprese, dietro solo a Reggio Calabria e Bologna. Circa la metà delle imposte (36,2%) finisce nelle casse di Comune e Regione, 14mila euro a testa solo per Imu, Tasi e Tari, vera zavorra per le imprese romane. Un conto che, in confronto al 2011, solo 5 anni fa, registra un salatissimo +61,5%. E questo nonostante le addizionali locali, quella Irpef regionale e quella comunale, siano rimaste invariate rispettivamente a quota 807 e 283, e l’Irap sia sostanzialmente stabile, con un costo medio per impresa di 2.988 euro contro i 3.109 dell’anno scorso.
“La torta che tagliamo oggi dà l’idea della fatica da parte delle imprese di vivere in un mondo dove tre quarti del tempo è destinato alle tasse e solo un quarto al proprio interesse– ha commentato Colombi- Non è piagnucolare, ma ci chiediamo se alcune imprese già emarginate dalla crisi saranno in grado di sopravvivere. Alcuni imprenditori ci hanno detto ‘c’e’ poco da festeggiare’, e noi dobbiamo rivolgerci alle istituzioni. Quell’87% delle imprese che dà lavoro al 70% dei cittadini deve avere un peso politico: prima del reddito di cittadinanza io penserei a cercare di mantenere i livelli occupazionali, che costa certamente meno ed è piu’ fattibile. È un tema di equità, perché a oggi c’è ancora chi paga tanto e chi paga poco”. “Spesso più tasse significa meno investimenti. Negli ultimi 15 anni le imprese italiane investono poco perché pagano troppe tasse. Un Paese che non investe è un Paese che non sta messo così bene– ha concluso Tagliavanti- Noi non lamentiamo il peso delle tasse, diciamo che va alleggerito per investire”.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy