La cena alla Casa Bianca è il massimo riconoscimento al leader di uno stato straniero. Prima di Matteo Renzi, ospite ieri sera di Barack Obama a Washington, l’onore toccò a Giulio Andreotti nel 1977, invitato da Jimmy Carter. Il grande Giulio bissò nel 1990 con George W. Bush, mentre Romano Prodi, nel 1998, sedette a tavola con Bill Clinton. Anche due Presidenti della Repubblica italiana hanno avuto il privilegio di uno State dinner dedicato: Carter, nel 1980, volle come ospite d’onore Francesco Cossiga, mentre Ronald Reagan nel 1982 condivise il desco con Sandro Pertini.
Per Obama, che l’8 novembre prossimo sarà sostituito dal 45esimo presidente che gli americani sceglieranno tra Hillary Clinton e Donald Trump, quello di ieri è stato anche l’ultimo evento del genere. Un evento che la Casa Bianca ha sempre preso molto sul serio e che, tra l’altro, conserva ancora il rigido protocollo ricco di formalismi cui neanche il primo presidente afroamericano della storia è riuscito a sottrarsi. In compenso, il risultato della serata è stato ‘scintillante’ come le mise delle due first lady: Michelle, in oro rosa firmato Versace, in onore dell’Italia, Agnese con un lungo abito di pizzo firmato dal suo conterraneo Scervino.
Tutto si è svolto secondo programma, a cominciare dalla cena di cinque portate, preparata sotto la supervisione dello chef Mario Batali, una star della cucina di Manhattan, che il nostro presidente del Consiglio ha condiviso con una folta delegazione di personalità italiane: la campionessa paraolimpica di scherma, Beatrice Vio; il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone; i registi Benigni e Sorrentino; la direttrice del Moma di New York, Paola Antonelli; la direttrice del Cern, Fabiola Giannotti; lo stilista Giorgio Armani e il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. Gli ospiti italiani hanno sfiorato nel complesso la cifra di 400: tra questi, infatti, anche rappresentanti dell’imprenditoria nazionale, come il presidente della Fiat Chrysler automobiles, John Elkann, con la moglie Lavinia Borromeo. Invitato da Renzi c’erano poi il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, l’ambasciatore italiano a Washington Armando Varricchio, mentre l’amministrazione Obama è stata rappresentata da molti ministri e i consiglieri: tra loro il segretario al dipartimento di stato John Kerry, il capo del Pentagono Ash Carter, la consigliera per la sicurezza nazionale Susan Rice e il vicepresidente Joe Biden. Tra gli esponenti del Congresso Nancy Pelosi, di origini italiane.
Ringraziamenti secondo cerimoniale e battute scherzose tra i due premier: “Non ti preoccupare come siamo vestiti, sono interessati solo agli abiti delle signore”, ha esordito Obama salutando Renzi, in smoking Armani in omaggio ad uno degli speciali ospiti che il presidente del consiglio italiano ha voluto portare con sé per dimostrare l’eccellenza italiana. Battute affettuose anche da Renzi , alcune indirizzate a Michelle Obama per il suo discorso in sostegno di Hillary Clinton: “E’ migliore dei tuoi pomodori”.
Ma i due leader sono andati oltre i convenevoli e le battute: per Matteo Renzi questo americano è il passaggio internazionale più visibile del suo mandato da primo ministro. Non è un mistero che l’amministrazione Usa stia scommettendo con forza sul governo Renzi. Con la Brexit, Washington ha perso l’interlocutore privilegiato nell’Unione europea. Il rapporto con il premier fiorentino fa parte di un piano di aggiornamento della «dottrina atlantica». In questo senso Obama sta preparando il terreno per un’eventuale presidenza di Hillary Clinton. Negli ultimi mesi Renzi ha consolidato i legami anche con il clan della candidata democratica, intervenendo, per esempio, un mese fa, a un incontro con Bill, organizzato dalla Clinton Foundation. L’incognita numero uno, a questo punto, Donald Trump a parte, si chiama Vladimir Putin. Renzi è uno dei fautori più convinti del dialogo con Mosca e arriva alla Casa Bianca proprio mentre gli Usa si preparano a lanciare un cyber attack contro i russi. L’amministrazione di Washington si aspetta solidarietà dagli alleati occidentali, Italia compresa. E’ il tema che potrebbe disturbare la due giorni dell’idillio italo-americano.
Matteo Renzi al momento del brindisi ha contraccambiato le parole amichevoli e affettuose del presidente Usa uscente paragonandolo ad un ”maestro del Rinascimento” che lavora con gli allievi della sua bottega per migliorare il mondo e Michelle Obama ”allo stesso livello” dopo i suoi discorsi nella campagna presidenziale. Dopo aver ringraziato per questo ”incredibile onore e privilegio” e scherzato su una seconda, futura cena nella sua città, dopo che Obama avrà terminato il suo mandato – ”possiamo organizzare una visita a Firenze, andare agli Uffizi, di fronte al David, e poi fare non una cena di stato ma andare in una osteria per vedere se i pomodori italiani sono piu’ buoni di quelli dell’orto di Michelle” – ” l’omaggio finale per Barack: ”Ci hai dato l’opportunità di lavorare insieme a te per migliorare il mondo e pensare ad un futuro come ad un luogo di speranza”, ha detto, ringraziandolo per il suo ”servizio” in questi otto anni. E ribadendo che Italia e Usa ”condividono a tavola vino e cibo così come condividono gli stessi valori”.
E, infine, Renzi ha incassato un prezioso ‘si’, tanto importante nel momento in cui l’esito referendario è ancora molto incerto. L’endorsement di Obama a Renzi ha suonato così: “Si può aiutare l’Italia e spero che il premier italiano vada comunque avanti con le sue riforme coraggiose” ha detto il presidente Usa.
Questo, mentre in Italia, dove l’orologio è avanti di 7 ore, si attende per oggi la decisione del Tar sul ricorso di M5s contro il quesito del referendum.
A.B.
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