Foto Roberto Monaldo / LaPresse 05-06-2014 Roma Cronaca Celebrazione del 200° anniversario di fondazione dell'Arma dei Carabinieri Nella foto Piero Grasso, Matteo Renzi, Sergio Mattarella, Angelino Alfano Photo Roberto Monaldo / LaPresse 05-06-2014 Rome (Italy) Celebration of the 200th anniversary of the Carabinieri In the photo Piero Grasso, Matteo Renzi, Sergio Mattarella, Angelino Alfano
Il terremoto del dopo referendum che ha portato alle dimissioni del premier Renzi continua a dispiegare i suoi effetti su politica ed istituzioni. Il capo dello Stato Sergio Mattarella, dopo aver ascoltato il presidente del consiglio uscente ha invitato il Palazzo a dare priorità e massima attenzione proprio a queste ultime. Ci sono troppe scadenze da rispettare, ha precisato dopo un’ora di colloquio con Renzi. Come dire che davanti a un quadro politico quantomai frantumato i partiti dovranno sforzarsi nei prossimi giorni di non alzare ulteriormente i toni dello scontro e dei regolamenti dei conti.
Compito arduo per tutti, considerato il fatto che il voto così come la campagna elettorale che lo ha preceduto ha segnato una linea di demarcazione feroce tra chi credeva nella “svolta”di Renzi e chi invece puntava a rifarsi delle sconfitte dentro e fuori Pd per ritornare in gioco sulla pelle del premier.
Il re è dunque morto. Ma adesso “onori ed oneri” tornano a bussare alla porta dei vincitori del referendum, quel fronte del no estremamente eterogeneo figlio di dna incompatibili e conflittuali tra loro che all’indomani dei risultati hanno già preso strade diverse. C’è chi sogna, con scarse probabilità di riuscire nell’intento, l’immediato ricorso alle urne. Ed il drappello, importante nei numeri ma meno dirompente in termini di seggi parlamentari vede insieme Grillo, Salvini e Meloni. Al centro Berlusconi e gli ex alleati di destra di Renzi, l’Ncd e qualche frangia di ex democristiani riciclati che ovviamente puntano ad una grosse coalition che sulla riforma dell’Italicum potrebbe trovare un primo punto di incontro. In tutti comunque prevale la grande voglia di un prepotente ritorno al proporzionale per poter contare e condizionare di più chi comanda il plotone della corsa.
Il ritorno al passato più becero dei poteri bilanciati in favore di caste e sottocaste politiche ,dove attingere per il pane quotidiano, con il No è dunque ritornato in auge anche se adesso tutta l’attenzione va concentrata sul Quirinale che in queste ore ha davanti due soli scenari possibili: un governo istituzionale affidato al presidente del Senato Pietro Grasso, ovvero una soluzione ponte per arrivare alle elezioni politiche da fare tra febbraio e marzo del prossimo anno, oppoure un esecutivo di scopo o tecnico, magari affidato al ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, per l’approvazione della legge di bilancio unitamente alla riforma di un Italicum più bilanciato verso un sistema proporzionale ed un premio di maggioranza decisamente più contenuto. Poi toccherebbe al nuovo Parlamento uscito dalle urne, decidere se come e con quale profondità cambiare le regole della Carta costituzionale.
Sia in un caso che nell’altro, comunque, ipotizzare scenari scontati e tranquilli è un azzardo. Grillini e centrodestra non moderato spingerenno per le elezioni subito e non si presteranno ad altre ipotesi che non siano i numeri che potranno scaturire dalle urne. Berlusconi, una volta fallito il tentativo di riprendere la leadership dei moderati, resterebbe solo lasciando ai Cinque stelle il compito di battere un Pd quantomai spaccato e lacerato al suo interno, di sbarrare a Grillo il portone di Palazzo Chigi.
Detto questo, i riflettori tornano sul Pd. Cosa succederà nel partito con Renzi costretto a fare i conti con una minoranza che vuole sfilargli la poltrona di segretario da sotto il sedere? Difficile dirlo. Ora è il momento della resa dei conti e delle vendette. Tutti, sinistra, centro, estrema sinistra e cani sciolti, si sbracciano a parlare di unità del partito ma ai più non sfugge che gli effetti del referendum sono andati ben al di là delle migliori attenzioni ed è difficile immaginare che un dialogo che non c’è stato in mille giorni di governo Renzi dentro e fuori del partito, possa miracolosamente riaffiorare ed imporsi oggi dove i rapporti di forza sono decisamente mutati a favore del vecchio apparato pronto a presentare il conto agli sconfitti.
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