Il quotidiano romano “Il Tempo” pubblica oggi una inchiesta sullo stato dei siti archeologici sparsi sul territorio della Capitale. Un territorio di 1.300 chilometri quadrati che con il più grande patrimonio artistico e architettonico mondiale racconta la gloriosa storia di Roma vecchia quasi 3000 anni. Una ricchezza dal valore inestimabile, invidiata da tutto il mondo e lasciata nella più totale incuria da Comune e Sovrintendenza.
Sono 36 le aree archeologiche chiuse nella Capitale. Pessimo biglietto da visita per Roma ad 6° posto nella ultima classifica (“City Brands Index”, classifica elaborata da Anholt-GfK e pubblicata nel febbraio scorso da Il Sole 24 Ore) delle città del mondo più belle, più efficienti, più vivibili, quelle con maggiore appeal, le più ammirate e con la migliore reputazione. Dopo Parigi, Londra, Sidney, New York e Los Angeles (sic!). La stessa Roma che per la qualità della vita èsi colloca invece tra le ultime nelal graduatoria delle 66 città europee analizzate
Per l’archeologo e studioso Umberto Broccoli “è inutile sottolineare il fatto con i termini consueti e vagamente retorici tipo ‘grave’, ‘inaudito’..” Evitando di mettere in risalto ancora una volta “la considerazione data ai Beni Culturali del nostro Paese”, accanto a questa “ovvietà ultradecennale” Broccoli dice che c’è anche dell’altro, “una refrattarietà diffusa a parlare e ad attuare la valorizzazione del patrimonio culturale: questo potrebbe e dovrebbe essere considerato una rendita, la possibilità di trovare risorse economiche in un quadro nel quale non si può più prescindere dall’economia”.
“Quando la valorizzazione si è sperimentata a Roma, nel quinquennio 2008-2013, i risultati sono arrivati nelal misura di quasi 14 milioni di euro – ricorda Broccoli che allora aveva avuto incarico dal sindaco Alemanno di Sovrintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma – da reinvestire nella manutenzione, nonché nell’apertura e non chiusura di aree e monumenti restituiti ad godimento pubblico”.
Umberto Broccoli, laurea in archeologia cristiana, è anche autore televisivo e conduttore radiofonico, nonché scrittore di numerosi testi teatrali (nel 2011 ‘150 ma non li dimostra’, spettacolo con Gigi Proietti per le celebrazioni del 150º anniversario dell’Unità d’Italia), ha perfettamente ragione quando dice che “chi gestisce i Beni culturali si occupa di un patrimonio di tutti e dovrebbe operare in modo tale da garantirne il godimento”.
“Non accade spesso”, ma mai prima Roma è scesa così in basso. Proprio adesso che i dati Ebtl (Ente Bilaterale Turismo del Lazio) segnalano un incremento (+3 per cento) nel turismo capitolino: 11 milioni di visitatori in tutto il 2017. Ma è un turismo “mordi e fuggi” con una media di 2,4 giorni per turista. Su questo dato la giunta grillina dovrebbe interrogarsi e lavorare. Perché i visitatori lamentano le stesse cose che i romani, ahimé, conoscono bene: difficoltà negli spostamenti da un luogo all’altro (soprattutto a paragone delle altre grandi città europee), difficoltà perfino a camminare in strada laddove non esiste più (se quando è esistito) un marciapiedi in discrete condizioni da percorrere con sicurezza, senza dover tenere lo sguardo basso per evitare buche, voragini, montagne di rifiuti e deiezioni canine.
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