Ogni giorno si trova qualche valido motivo per arrivare a commentare amaramente che se non esistessero le piattaforme social, Facebook in particolare, sarebbe meglio. Si eviterebbe, ad esempio, la lettura di anatemi, commenti violenti e soprattutto spropositati quando un fatto di cronaca colora di nero le pagine dei giornali. E neanche si raccoglierebbero le lacrime di una madre alla quale è stata strappata a colpi di pistola la figlia giovanissima.
Ci riferiamo a Nicolina Pacini, la 15enne uccisa dall’ex compagno della madre mentre si stava recando a scuola. E’ accaduto due giorni fa a Ischitella, il paese in provincia di Bari dove la giovanissima viveva coi nonni. Nicolina, da subito gravissima, ha cessato di vivere all’alba del giorno dopo, ieri.
«Amore senza di te non siamo niente», «ricordati di tua mamma di tuo padre e del tuo fratellino», «torna tra noi, ti prego, ti aspetto». Sono alcuni dei passaggi del post che ha pubblicato su Facebook Donatella Rago, madre di Nicolina. L’ultimo post, di ieri sera, affiancato da numerose fotografie della sua bambina dalla quale viveva distante parecchie centinaia di chilometri. «Avevo chiesto ai miei figli di venire con me a Viareggio dove mi sono trasferita per lavoro, per dare loro un futuro migliore – spiega la donna – ma non hanno voluto seguirmi perché qui avevano la scuola e le loro amicizie. Avevano detto che non sarebbe successo nulla». Anche il papà di Nicolina vive lontano, anche lui in Toscana, ma non con la mamma della sua bambina. Perché la storia tra loro è finita e ognuno, sembra, si è ricostruito una vita propria. Rispettando la modernità delle ‘famiglie’ di oggi, quando le cose non vanno ci si lascia, si cambia lavoro, si cambia residenza, si cambia partner. E non importa se i figli sono ancora minori e avrebbero ancora bisogno di sentire l’abbraccio dei loro genitori. Al massimo si può chiedere loro se sono disposti a seguire il genitore che li lascia e, nel caso di rifiuto, ci si rassegna. Come è successo nella triste storia di Nicolina.
Ma non tutto in questi casi fila liscio, possono esserci conseguenze negative, possono maturare i frutti dell’odio. Come nel caso di Nicolina. Come ha spiegato la sua mamma a ‘Mattino Cinque’ lo stesso giorno dell’aggressione divenuta poi mortale, la sua bambina era stata già minacciata col coltello da quell’ex compagno violento che poi si è suicidato. Lei aveva denunciato i vari episodi. Ma la risposta è stata il femminicidio trasversale: colpisco la figlia perché non posso arrivare alla madre. Per telefono, la sera prima dell’agguato madre e figlia si erano lasciate male: l’adulta chiedeva alla bambina di fare attenzione a quell’uomo violento, la giovane rivendicava la libertà di fare la sua vita senza nascondersi, di uscire e di frequentare le sue amicizie. Tanto che con la mamma aveva concluso: “Allora fai pure la tua vita. Ciao”. E Nicolina la sua sete di libertà l’ha pagata a caro prezzo.
Ma la drammaticità di questa vicenda, che segue di pochi giorni l’assassinio di Noemi Durini – la 16enne uccisa dal fidanzato 17enne – sta anche nella straordinaria ed inusuale forza che la madre di Nicolina ha tirato fuori per narrare con rabbia gli antefatti della storia con l’assassino ed inveire contro di lui (“che tu possa morire”) attraverso un canale social. Scrivendo sulla pubblica piazza.
“Il tuo ex spara in faccia a tua figlia quindicenne, l’ammazza e tu trovi il tempo e la voglia di scrivere anatemi su Facebook e rilasciare interviste a Mattino 5″. Così Selvaggia Lucarelli, in un post su Facebook, si scaglia contro la madre di Nicolina Pacini, la 15enne di Ischitella uccisa dall’ex compagno Antonio Di Paola. La donna, dicevamo, ha più volte espresso sui social la sua rabbia e il suo dolore per la perdita della figlia, suscitando al contempo commenti indignati e di conforto. Tra le voci critiche anche quella della blogger, che oppone al suo comportamento quello pacato dei genitori di Yara Gambirasio. “Mai una frase ad effetto a favore di telecamera, mai un’intervista, mai una parola rabbiosa nei confronti dell’assassino della figlia – scrive Lucarelli – Solo poche parole limpide e piene d’amore per la figlia, che il papà pronunciò in aula (e solo in aula), ben 5 anni dopo la morte di Yara”. “Ecco, i figli si amano anche così. Anche dopo – prosegue – Avendo cura del loro ricordo, rifiutando l’idea che sulla loro faccia finisca la banda ‘esclusiva’. E scusate, ma tra annunci di confessioni del figlio annunciate in diretta, sceneggiate pugliesi, madri che si sfogano su Facebook col corpo della figlia ancora caldo, in questi giorni l’umanità mi fa più orrore del solito.” E a chi la contesta dicendole che il dolore si vive in maniera personale la blogger ribatte: “Non è un problema di come si vive il dolore. È un problema dell’uso che si fa di questo meraviglioso, complesso strumento che è fb”. “Qui si tratta di un corto circuito – spiega – Di un uso distorto dei social che sostituiscono l’urgenza di un’azione”. “E in più, mettersi lì a fomentare – aggiunge – Le minacce al tizio via social, potrebbero averlo aizzato ulteriormente, come è accaduto con l’omicida di Vasto”. “Questa non è ignoranza – conclude – È un misto di imprudenza e macabro esibizionismo”.
Difficile darle torto.
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