Solo un po’ di febbre su un paziente “lucido e collaborante”. E’ iniziata così la battaglia contro Ebola del 37enne infermiere sassarese che contagiato in Sierra Leone dal virus è arrivato due giorni fa allo Spallanzani di Roma. E’ il secondo caso di contagio in Italia. L’operatore sanitario, che ha prestato servizio in uno dei centri gestiti da Emergency nel paese africano è arrivato a Roma da Freetown il 7 maggio passando per Casablanca, in Marocco. Ai primi segni di febbre, domenica scorsa, si è ‘autoisolato’ fino alla conferma della positività al virus, una procedura che secondo gli esperti rende il rischio di contagi ‘trascurabile’, anche se tre persone in Sardegna sono in quarantena precauzionale. Due notti fa il trasferimento al “Lazzaro Spallanzani”, il presidio destinato dal 1936 alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive, con un C-130 dell’Aeronautica militare da Alghero a Pratica di Mare ed quindi in ambulanza sino all’ospedale romano, sempre ‘sigillato’ in una barella ad alto biocontenimento.
Il primo trattamento scelto dal team dello Spallanzani è un antivirale specifico non registrato, già autorizzato dall’Aifa su indicazione del ministero della Salute, ma non si esclude l’utilizzo di plasma di convalescente o l’utilizzo di altre terapie sperimentali, come avvenuto per il medico siciliano che nei suoi 40 giorni di degenza ha ricevuto quattro farmaci e diverse sacche di plasma.
Ancora nessun indizio invece su cosa sia andato storto, in un momento peraltro in cui ci sono pochi casi a settimana. ”Che qualcosa non abbia funzionato è evidente, visto che si è ammalato – dice un rappresentante di Emergency -, le procedure le rivediamo costantemente, purtroppo l’errore umano o il problema tecnico possono esserci, ad oggi stiamo ancora cercando di capire cosa sia successo. Le procedure comunque funzionano, consideriamo che con il personale dell’ospedale chirurgico arriviamo al migliaio di operatori, e le persone contagiate si contano sulla punta di una mano”.
Oggi le condizioni del paziente sono leggermente peggiorate: da questa notte è comparsa un sintomatologia gastrointestinale importante per cui, come riporta il bollettino medico “è iniziata la nutrizione parenterale”.
Dopo il primo trattamento antivirale specifico iniziato già ieri, per l’infermiere di Emergency, questa notte è stato iniziato un secondo farmaco sperimentale non registrato. Il farmaco, già autorizzato con ordinanza Aifa del 12 maggio, su indicazione del Ministro della Salute, è arrivato ieri dall’estero. Il paziente ha iniziato la nutrizione parenterale e continua la terapia reidratante per via orale ed endovenosa.
Per la cura i medici ieri avevano fatto sapere che si stava valutando anche l’utilizzo di plasma di un donatore guarito.
Intanto la struttura clinica di Sassari che ha gestito l’emergenza legata all’infezione da virus Ebola contratta in Sierra Leone dall’infermiere sassarese ha disposto un periodo di quarantena per altre 13 persone: in quarantena, in via precauzionale, la madre e due sorelle, insieme ad tecnici di laboratorio e gli operatori del 118.
Stando agli studi sin qui compiuti, Ebola non è contagiosa fino a quando chi ha contratto il virus non presenta i sintomi tipici, ad iniziare dalla febbre alta. È questo il motivo per cui sono state sottoposte a quarantena solo le persone con cui l’infermiere è entrato in rapporto da domenica mattina, quando ha avvertito i primi sintomi, a lunedì pomeriggio, quando è stato ricoverato.
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