dal nostro inviato Gianandrea Sapio
“Abbiamo tesori, farli conoscere però è difficile”. Il commento è laconico, ma quando arriva la telefonata di un giornalista bulgaro che non è riuscito a trovare la strada per Durankulak, primo insediamento in pietra su terra d’Europa, sorto circa 7200 anni fa a un passo dal Mar Nero, diventa semplice comprendere quanto siano vere le preoccupazioni dei responsabili del progetto “Kavarna, una località in cui investire”, realizzato con i fondi europei dei programmi operativi regionali destinati alla pesca per il periodo 2007 – 2013.
Stupisce in effetti: sul sito di Durankulak gli archeologi bulgari hanno scavato dal 1974. Da quel momento, fino al 1997, sono state ritrovate oltre 1200 tombe e sono stati rinvenuti i resti di 17 dimore, alcune su più piani. Una idea di comunità dove è facile trovare le abitazioni di quelli che erano i cittadini più ricchi, ampie, distanziate tra loro, e quelle dei cittadini meno abbienti, piccole quanto un giaciglio, accostate le une alle altre. Nel mezzo, strutture utilizzate per fini amministrativi.Tutte, in ogni caso, costruite sopra il terreno, e tutte in pietra. Una operazione di ricerca lunga, durata oltre 30 anni, e che ha portato alla luce oggetti in oro, i primi realizzati nel metallo prezioso in tutto il Continente, attrezzi, statue votive, urne e corredi funerari, che hanno trovato spazio e risalto grazie agli stanziamenti dei fondi europei del 2012.
Con queste risorse è stato possibile realizzare una prima struttura in legno per l’accoglienza dei visitatori, e una passerella che porta fino ai resti dell’insediamento vero e proprio. “Abbiamo terminato i lavori nel 2013, ma ancora dobbiamo aprire davvero ai visitatori”, spiega Daniela Todorova, del Green Training Center di Shabla, municipalità nella quale ricade Durankulak e la sua storia. E della quale proprio questo centro si è fatta carico, così come della diffusione della cultura ambientale tra i bambini bulgari, e del sostegno agli ornitololgi e agli appassionati di bird watching. Durankulak infatti non è solo la pancia della civiltà europea, ma anche una tappa importante della via pontica, la seconda rotta mondiale di migrazione dei volatili da e verso il nostro continente. Uno dei posti dove è ancora possibile trovare l’oca collorosso, ormai a rischio estinzione, e altre specie che nelle acque in parte dolci e in parte salmastre dei laghi del versante più orientale della nazione trovano cibo e rifugio.
Eppure, ad oggi, di questo angolo nel quale si incrociano storia, sostenibilità ambientale e diffusione della cultura ambientale si conosce poco. Il percorso intrapreso, però, è ambizioso e mira a coniugare la conservazione della storia e dell’ambiente con la tecnologia e l’interscambio in tempo reale delle informazioni. Il tutto realizzato nell’ambito di finanziamento del programma di cooperazione norvegese per la crescita economica e sviluppo sostenibile, per un sito che rientra tra i 50 turisticamente più attrattivi dell’area di Dobrudzha nel network creato ad hoc con il programma, anche esso finanziato dall’UE, di cooperazione tranfrontaliero bulgaro romeno che ha per capofila l’International university college di Dobrich. Si tratta a tutti gli effetti di una eccellenza di un un territorio che vuole crescere, e che guarda al suo futuro cercando l’interscambio di best practice con gli altri paesi dell’Unione mentre si interroga sulle prossime sfide da affrontare per assicurare il rilancio economico dell’intera nazione. Il tutto mentre si avvicina la data del 5 ottobre, giorno in cui la Bulgaria è chiamata alle urne per l’elezione del nuovo governo.
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