“Ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione”. Così il Tar del Lazio si è pronunciato in merito al ricorso sul quesito referendario presentato da M5s e Sinistra italiana.
La decisione é stata assunta dalla sezione 2bis del Tar che ha sottolineato come “sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum” che hanno predisposto il quesito referendario “sia il decreto presidenziale – nella parte in cui recepisce il quesito – sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. Il ricorso era stato presentato giudicando ingannevole il contenuto del quesito referendario.
Il Tar del Lazio – si legge in una nota – con sentenza n. 10445 del 20 ottobre, ha deciso il ricorso presentato dai promotori del referendum costituzionale Loredana De Petris e Rocco Crimi e dagli avvocati Giuseppe Bozzi e Vincenzo Palumbo, con il quale è stata contestata la formulazione del quesito referendario da sottoporre al voto degli elettori il 4 dicembre 2016″. Nel comunicato si evidenzia che, “considerata l’urgenza di dare una risposta definitiva alla questione, il Tar non si è limitato alla richiesta cautelare e ha definito il merito della controversia, dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione”. Secondo i giudici amministrativi, “l’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il Referendum istituito presso la Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato. La sentenza ritiene che sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum sia il decreto presidenziale – nella parte in cui recepisce il quesito – sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. “Eventuali questioni di costituzionalità – conclude la nota – della legge sul referendum (la n. 352 del 1970), relative alla predeterminazione per legge del quesito e alla sua formulazione, sono di competenza dell’Ufficio centrale per il referendum, che può rivolgersi alla Corte costituzionale”.
Una sentenza ‘prevedibile’, commentano ora in molti: “Un tribunale amministrativo non è il luogo adatto per tentare di aggredire una decisione che proviene da un organo della Cassazione, l’Ufficio centrale per i referendum”, afferma il costituzionalista Massimo Siclari, che pur favorevole alle ragioni del No al referendum, ritiene che la decisione del Tar sul quesito referendario non potesse essere diversa. Secondo Siclari “sono sbagliate la strada e la procedura seguite dai ricorrenti. Altra cosa sarebbe stato chiedere alla stessa Cassazione di riesaminare il quesito prospettando dei dubbi di legittimità e dei profili non convincenti. Il Tar, invece, è organo totalmente estraneo a pronunciarsi su una materia di questo tipo già valutata dalla Cassazione”. “Ma più in generale – prosegue il giurista – ritengo che l’errore di fondo che si sta facendo in questa fase, a referendum indetto dal presidente della Repubblica, sia quello di fare una battaglia giudiziaria anziché una battaglia politica sul merito della riforma costituzionale, evidenziandone i difetti. E’ inutile continuare a devolvere alla giurisdizione problemi che vanno risulti sul piano politico. E questo è, tra l’altro, un limite insito nella stessa riforma costituzionale, a mio avviso, che ha al suo interno elementi capaci di produrre nuova conflittualità, sia per la richiesta di esame preventivo della legge elettorale alla corte Costituzionale, sia per gli interventi sugli assetti Stato-Regioni, che erano definiti e consolidati da tempo e ora, con i cambiamenti della riforma, rischiano di produrre nuovi conflitti di fronte agli organi giurisdizionali”.
La sentenza del Tar non è stata ancora formalmente depositata, osserva la senatrice Loredana De Petris e presidente del Gruppo Misto, tra i promotori del ricorso: “Siamo in attesa di leggere motivazioni, perché se fosse solo una questione di difetto giurisdizionale non ci sarebbero voluti tre giorni per decidere, sarebbero bastate due ore. Siamo in attesa di leggere le motivazioni”, e in particolare di “comprendere il passaggio nel quale si dice che l’Ufficio centrale per il referendum può rivolgersi alla Corte costituzionale”.
Per il M5S, invece: “Siamo alla truffa 5.0”. Il commento è del senatore Vito Crimi: “Il problema rimane – dice- il quesito è ingannevole e il governo è stato truffaldino e arrogante. Siamo alla truffa 5.0. Valuteremo nel merito con gli avvocati se intraprendere ulteriori azioni. Non ci fermeremo”.
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