Donald Trump potrebbe non accettare una sua eventuale sconfitta alle presidenziali USA del prossimo 8 novembre. Il candidato repubblicano lo ha detto durante il terzo e ultimo confronto tv con la democratica Hillary Clinton, andato in scena la scorsa notte a Las Vegas.
Anche l’ultimo faccia a faccia ha seguito il copione dei due precedenti: i due candidati si sono attaccati a vicenda per tutto il tempo, senza concessioni al fair play. E anche stavolta i sondaggi a caldo hanno sentenziato che la Clinton ha vinto il duello con un certo margine di vantaggio.
Come nel secondo incontro, due settimane fa, i due candidati alla Casa Bianca non si sono stretti la mano quando sono saliti sul palco. Stavolta il moderatore era Chris Wallace, un anchor di Fox News, rete repubblicana dichiarata.
Alla vigilia Wallace aveva promesso che avrebbe impostato il dibattito soprattutto sui programmi politici, grandi assenti dai primi due appuntamenti. Così è stato. Ma l’effetto collaterale è stato che i due candidati si sono attaccati dall’inizio alla fine.
Nella prima mezz’ora del dibattito Trump ha avuto toni più misurati delle sue prove precedenti. Ha difeso le sue posizioni sulla Corte Suprema – bisogna nominare il successore di Antonin Scalia, morto a febbraio: la candidatura di Merrick Garland, proposta da Barack Obama, è ferma al Senato per l’ostruzionismo dei repubblicani – e sulle armi da fuoco. In particolare si è detto fiero dell’appoggio della NRA (National Rifle Association), la lobby di produttori e venditori di armi. Non ha perso la calma nemmeno quando la Clinton, per attaccare la sua politica sugli immigrati irregolari, ha richiamato l’immagine dei rastrellamenti “scuola per scuola, casa per casa, azienda per azienda” degli irregolari, portati oltreconfine “contro la loro volontà, su treni e bus”; e poi lo ha accusato di incoerenza, per averne assunti diversi nelle sue aziende.
Poi, però, il miliardario newyorkese ha ricominciato a esprimersi sopra le righe come fa spesso. Ha sostenuto l’inesistenza di prove contro la Russia nell’attacco informatico al Partito Democratico: ma l’intelligence USA dice il contrario, e Washington ha rivolto a Mosca accuse formali. Poi ha detto che Vladimir Putin rispetta lui, e non la sua rivale. “Certo”, ha risposto la Clinton: “Preferisce avere un burattino alla presidenza degli Stati Uniti”. Visibilmente in difficoltà, Trump non ha potuto far altro che riflettere l’accusa al mittente.
Il candidato repubblicano è andato in difficoltà anche sull’economia: gli obiettivi di crescita che ha proposto sono sembrati irrealizzabili anche a diversi economisti conservatori. “Gli ultimi dati sul mercato del lavoro – sostiene Trump – sono così terribili che dovrei vincere le elezioni con gran facilità”. Ma non è vero: negli otto anni di Obama la disoccupazione si è dimezzata, e la ripresa economica non si è mai interrotta, anche se non è mai stata vertiginosa.
A mettere in difficoltà la Clinton è stata una domanda sulla fondazione benefica sua e del marito, l’ex presidente Bill Clinton. Sotto accusa non è tanto l’operato della Clinton Foundation – che senza dubbio ha sostenuto tante iniziative di successo per i più vulnerabili – quanto le donazioni di imprenditori e governi stranieri, sospettati di averle usate per comprare quote di influenza presso i Clinton. A queste specifiche accuse, l’ex Segretario di Stato non ha risposto: ha preferito passare in rassegna le sue iniziative filantropiche nel mondo. Le è andata meglio quando è stata accusata di avere una carriera politica sì lunga, ma non proprio costellata di successi: lì ha potuto rinfacciare a Trump di essersi sempre occupato di tutt’altro che del bene del paese.
Da quel punto Trump è andato visibilmente in difficoltà. Sul video in cui si vanta di poter molestare tutte le donne che vuole, ha risposto: “Nessuno ha più rispetto di me per le donne”, attirandosi critiche anche da parte dei suoi sostenitori. E ha detto che le accuse di molestie – avanzate da nove donne nelle scorse settimane – sono talmente inconsistenti da non essersi sentito in dovere di scusarsi con sua moglie, il che contraddice le dichiarazioni dei giorni scorsi.
Il momento più notevole della serata, però, è arrivato in risposta a una domanda che in qualsiasi altra campagna elettorale non sarebbe nemmeno stata posta. Quando Wallace gli ha chiesto se avrebbe riconosciuto la legittimità delle elezioni anche se le avesse perse, Trump ha risposto: “Ve lo dirò dopo il voto. Creo un po’ di suspense, ok?”
Da giorni, in effetti, il miliardario newyorkese sostiene che le elezioni siano truccate. Ma “dirlo al dibattito fa tutto un altro effetto”, nota Francesco Costa nella sua analisi su Il Post. Un’accusa del genere esige prove eclatanti, che però finora mancano. Visto che sono i singoli Stati a organizzare le elezioni sul proprio territorio, questi eventuali brogli richiederebbero la complicità – e il silenzio – di tutti e 50 gli apparati di governo dei territori, compresi quelli dove tutte le cariche sono saldamente in mano ai Repubblicani. Sostenerlo in diretta, in mondovisione, di fronte alla sua rivale, non rivela solo un certo suo spregio per i meccanismi della democrazia, ma serve anche a lei l’arma per un contrattacco devastante:
Ogni volta che Donald pensa che le cose non stiano andando come piace a lui, dice che c’è un trucco. L’FBI indaga sulle mie email e dice che non c’è niente di illegale: l’FBI imbroglia. Ha perso i caucus in Iowa e le primarie in Wisconsin: le primarie erano truccate. I pm aprono un’inchiesta per truffa sulla Trump University: il giudice ce l’ha con lui. Una volta col suo reality show non ha vinto un Emmy per tre stagioni consecutive: Trump ha scritto su Twitter che anche gli Emmy erano truccati.
I primi sondaggi dopo il dibattito, si diceva, danno la Clinton in netto vantaggio: 52 punti percentuali contro 39 secondo CNN, 49 a 39 per YouGov. Tra il secondo dibattito e il terzo, Trump ha perso consensi senza mai riuscire a invertire la tendenza, e a Las Vegas non è riuscito a impostare il duello sui temi dov’era in vantaggio, nonostante il vantaggio – almeno nominale – di avere il moderatore dalla sua. A questo punto per vincere le elezioni gli servirebbe una rimonta mai vista da quando il processo elettorale USA si studia con gli strumenti scientifici della statistica.
Alla fine del dibattito, il moderatore Chris Wallace ha salutato così i telespettatori:
Si concludono così i dibattiti televisivi di quest’anno. Ora tocca a voi decidere. Milioni di persone hanno già votato ma il giorno delle elezioni, l’8 novembre, è lontano soltanto venti giorni. C’è una cosa su cui siamo d’accordo tutti: speriamo che andiate a votare. È uno dei grandi onori e oneri che comporta vivere in questo grande paese. Grazie e buonanotte.
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