Una toccante cerimonia nella base di Bagram ha salutato l’inizio ufficiale del ritiro americano dall’Afghanistan. Un’operazione fortemente voluta da Barack Obama e che si completerà nel 2014, con il ritorno a casa di tutti i 100 mila soldati Usa ancora sul campo e il tanto sospirato passaggio di ogni potere alle autorità afghane. I primi a lasciare Kabul sono i 650 uomini della Guardia Nazionale dell’Iowa, primo squadrone 113/mo reggimento di cavalleria, di stanza in questi anni nell’area del Parwan, a nord est del Paese.
Allineati sotto il sole battente nel campo di basket della base, questi uomini hanno ascoltato pieni di orgoglio uno speaker elencare i loro successi sul campo: 14 bersagli nemici di alto valore catturati o uccisi, 52 giorni consecutivi a combattere contro il fuoco nemico per difendere la base, 3.800 missioni di combattimento completate e l’addestramento di un totale di 400 poliziotti afghani. Alla fine del mese, torneranno a casa altri 250 uomini del 134/mo reggimento di cavalleria. Ma sono solo i primi: entro la fine dell’anno saranno circa 10 mila i soldati a rientrare in patria. Quindi, entro la prossima estate saranno 33 mila. L’operazione terminerà entro il 2014, quando dovrebbero lasciare il Paese tutti e 100 mila militari statunitensi, che formano la gran parte del contingente Nato che ammonta a circa 150 mila uomini. In particolare, tra novembre e dicembre torneranno a casa i Marine del terzo battaglione, quarto reggimento, le truppe di combattimento che hanno lottato contro i talebani nella provincia di Helmand. Tante famiglie stanno tirando un grande respiro di sollievo, tuttavia l’America non si sta quasi accorgendo di questo passaggio per certi versi storico. Ormai da mesi, la guerra in Afghanistan, le sue vittime, i suoi alti e bassi, sono finite quasi nel dimenticatoio. Anche l’uccisione di Osama bin Laden, che a maggio aveva provocato un moto di giubilo popolare, ormai appare come un ricordo sbiadito. A preoccupare gli americani, più che la minaccia talebana, c’é la crisi economica e la difficoltà di trovare un lavoro. Così a tenere banco c’é il pericolo di una nuova recessione e lo stillicidio di notizie sul negoziato tra Barack Obama e i leader repubblicani su come porre un tetto al deficit e soprattutto al debito.
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