Ancora un’accusa di doping per Alex Schwazer. Secondo la Gazzetta dello Sport, il marciatore altoatesino, oro olimpico nella 50 km a Pechino 2008, sarebbe stato ritrovato positivo a un controllo fatto nei primi mesi dell’anno, mentre si preparava al rientro.
Quattro anni fa, Schwazer era stato squalificato per aver fatto uso di eritropoietina (EPO), un ormone che aumenta la produzione di globuli rossi nel sangue. La notizia si era diffusa quando l’atleta era già in ritiro a Londra per i Giochi del 2012. Squalificato per tre anni e nove mesi, era tornato a gareggiare l’8 maggio scorso: aveva vinto la 50 km dei Mondiali a squadre di Roma e conquistato la qualificazione alle Olimpiadi di Rio, che a questo punto con ogni probabilità dovrà saltare di nuovo.
“Si tratta di accuse false e mostruose”, commenta Gerhard Brandstaetter, il legale di Schwazer: “Ora è successo quello che Alex ha sempre temuto, ma noi ci difenderemo e faremo causa”. Il marciatore dirà la sua oggi pomeriggio alle 18, in una conferenza stampa convocata a Bolzano, con Brandstaetter, l’allenatore Sandro Donati e la manager Giulia Mancini.
“Al momento sono sconvolto, stiamo cercando di capire”, ha detto il presidente FIDAL Alfio Giomi mentre arrivava al Quirinale per la cerimonia di consegna del Tricolore alla portabandiera azzurra Federica Pellegrini. La campionessa di nuoto invita alla cautela: “La notizia della nuova positività di Alex Schwazer? Appena successo e, onestamente, non so se darla per vera. Vedremo nei prossimi giorni, ma comunque dispiace molto che ci sia ricascato, se si può dire così di una cosa fatta non volutamente”. “Sicuramente c’è qualcosa di strano”, commenta invece Filippo Magnini. “Un’analisi fatta 5 mesi fa poi viene ritestata: sinceramente non si capisce”, nota Magnini. In un arco di tempo così lungo “può essere anche che vengano manomessi” i risultati dei test, e in ogni caso “può darsi che certe cose non vengano fatte molto bene”.
In effetti, secondo quanto si legge sulla Gazzetta, la dinamica del controllo non superato da Schwazer è quantomeno insolita. I campioni di sangue e urina incriminanti risalgono al 1° gennaio, quando il marciatore era in vacanza a Vipiteno. Ma la positività sarebbe stata riscontrata solo il 12 maggio, in un controllo mirato sugli steroidi anabolizzanti svolto dalla IAAF dopo che Schwazer aveva strappato il pass per i Giochi. La federazione internazionale di atletica avrebbe aspettato ieri sera per avvertire la FIDAL e l’atleta. “Dobbiamo capire che cosa sia successo”, dice oggi l’avvocato Brandstaetter: “Non capisco perché il test effettuato il 1° gennaio abbia dato esito negativo e la stessa provetta ritestata il 12 maggio abbia dato esito positivo”.
Dopo il test fallito nel 2012, Schwazer era finito sotto processo davanti alla giustizia sportiva, a quella penale e anche all’opinione pubblica. La squalifica aveva travolto anche la sua vita privata, con l’amore con Carolina Kostner finito e la patente ritirata per guida in stato di ebbrezza. Spiegò di aver iniziato ad assumere EPO dopo un calo di prestazioni e di lucidità: “Nel 2010 non sono stato bene dopo l’Europeo di Barcellona, non sentivo più emozioni, avevo la nausea”. Con il ritorno alle gare – con quei risultati, poi! – la fenice sembrava finalmente risorta dalle sue ceneri. Ma l’ombra del doping lo seguiva ancora: “Squalificatelo a vita” – aveva scritto su Facebook Gianmarco Tamberi, campione del mondo indoor di salto in alto e nuova punta di diamante dell’atletica italiana – “la nostra forza è essere puliti, noi non lo vogliamo in nazionale”.
Quello di Schwazer non è il primo caso-doping dei Giochi brasiliani: oggi il CIO ha confermato la decisione della IAAF che ha sospeso in blocco la squadra russa di atletica per “doping di Stato”, attirandosi le ire del Cremlino. Il presidente CIO Thomas Bach ha ringraziato “gli enormi sforzi e la professionalità del Comitato Olimpico russo”, ma ha confermato che la sospensione si applicherà ad atleti, allenatori, funzionari, medici e tutte le altre persone coinvolte. A Rio potranno gareggiare solo gli atleti russi che riusciranno a provare di essere puliti, una situazione simile a quella degli atleti del Kenya, la cui conformità alle norme antidoping internazionali andrà valutata caso per caso: “La presunzione di innocenza di atleti provenienti da Kenya e Russia è seriamente messa in discussione dai fatti”.
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