Sulle rive del Lago di Como, dove si incrociano le sue tre ramificazioni, sorge una piccola e pittoresca località, Bellagio. Il suo promontorio, che affaccia sul lago e guarda oltre verso il profilo delle Alpi, e i suoi scorci storici creano un paesaggio così incantevole che registi e scrittori quali Luchino Visconti, Sergio Leone e Andrea Vitali lo hanno scelto come ambiente ideale per alcune delle loro opere. Il territorio di questo borgo inoltre accoglie le tracce del passaggio di diverse epoche storiche, dal periodo romano al Rinascimento. La sua Torre medievale, adiacente alla pregevole Basilica di San Giacomo, risalente al XII secolo e recentemente ristrutturata, è sede di diverse mostre e iniziative culturali. In questi giorni, dall’8 a 23 agosto, la Torre delle Arti ospita un’esposizione rara e interessante di icone bizantine e post-bizantine.
La mostra, dal titolo “L’eredità di Bisanzio”, raccoglie oltre cento opere che partono dalla metà del XIV e giungono fino agli inizi del XX secolo di diverse provenienze geografiche. Si va dall’Italia alla Grecia, Valacchia, Transilvania, Moldavia, Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, Siria e Palestina. La raccolta mette in mostra una grande varietà stilistica sul tema e presenta un caso degno di nota per la storia dell’arte bizantina. Si tratta della recente scoperta di una rara icona firmata da Doménikos Theotokópoulos, meglio conosciuto come El Greco. L’icona, ora esposta nelle sale della Torre dell’Arte di Bellagio, raffigura San Demetrio ed è al momento la più integra delle uniche tre icone, sinora conosciute, dell’artista del ‘500.
L’opera era stata acquistata da un collezionista tedesco in un’asta on line bandita da una piccola casa d’arte francese come icona post-bizantina. Durante il restauro però il fortunato appassionato d’arte viene avvisato della presenza di una firma sulla tavola per cui decide di commissionare subito un’indagine diagnostica dell’icona coinvolgendo Mariella Lobefaro, ricercatrice ed esperta del periodo veneziano di El Greco, e il prof. Puppi, uno dei maggiori storici dell’arte del ‘500 e grande conoscitore dello stesso autore. L’indagine ha rivelato che si tratta di un autografo di El Greco particolarmente significativo per l’interessante fusione di due stili, da un lato quello greco, da cui l’autore provieniva, legato al mondo delle icone bizantine, e dall’altro quello occidentale, costituito dagli influssi della cultura veneta.
La mostra “L’eredità di Bisanzio” offre così l’occasione di uno stimolante viaggio tra la bellezza paesaggistica di una località peculiare come Ballagio e l’estetica spirituale dell’iconografia bizantina, che insieme svelano tutta la suggestione che un dettaglio può infondere.
Vania Amitrano
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