L’unico raggio di sole dell’intera spedizione azzurra in Danimarca ce lo ha regalato Giorgia Bronzini, 28enne, già campionessa in carica, guidata al successo da un’eccellente squadra femminile, ottimamente diretta dal c.t., Dino Salvoldi. Vincere è sempre difficile, ma ripetersi lo è molto di più per cui si poteva immaginare l’enorme fardello di responsabilità che gravava sulle spalle della campionessa e delle sue compagne, tutte consapevoli che, su un circuito così poco selettivo come quello di Copenaghen, il verdetto lo avrebbe immancabilmente scritto una volata a ranghi compatti del gruppo.
E così è stato. Brave tutte le atlete azzurre a mantenere il controllo della corsa e bravissima Giorgia a guadagnarsi una buona posizione all’interno del plotone. Una nota di merito particolare va, senza ombra di dubbio, a Monia Baccaille che ha svolto alla perfezione il delicatissimo ruolo di “ultimo uomo ( magari, donna, in questo caso)”, ossia di colei che deve lanciare la volata alla compagna designata a tentare lo sprint decisivo per le medaglie. E la Baccaille ha avuto il grande merito di non perdere terreno nei confronti delle colleghe olandesi e tedesche, prone a lanciare le loro “punte di diamante”, Marianne Vos e Ina-Yoko Teutenberg. Entrambe provenienti da una stagione molto più ricca di soddisfazioni rispetto alla Bronzini che, invece, durante l’annata, ha, forse eccessivamente, avvertito la responsabilità di indossare i colori dell’iride. Ma, nel giorno più importante, Giorgia si è saputa ritrovare e, memore di quanto era stata in grado di fare l’anno scorso sul percorso australiano di Geelong, ha ritrovato la giusta convinzione e la miglior condizione per sfidare le sue più titolate colleghe. E le ha messe in fila. Tutte. In una sorta di campionato del mondo per velociste, la più veloce è proprio lei. A completare un quinquennio da favola per il ciclismo nostrano: quattro volte sul gradino più alto del podio nelle ultime cinque edizioni ( Bastianelli nel 2007, Guderzo nel 2009 e, appunto, Giorgia Bronzini nel 2010 e 2011). Una superiorità nelle gare di un giorno che sa di dominio. Per la disperazione di quella straordinaria atleta che è l’olandese Marianne Vos, in lacrime sul podio, il quinto consecutivo. E sempre sul secondo gradino ( l’aveva fulminata sul traguardo anche la britannica Cooke, nel 2008). La 28enne piacentina, ragazza estroversa ed estrosa, amante del buon vino bianco ( frizzante, per rimanere in tema), dello sci, della ginnastica artistica e della buona cucina, ha certamente fatto fruttare al meglio i suoi notevolissimi trascorsi sulla pista ( campionessa del mondo anche lì, nella corsa a punti del 2009) e l’esperienza da “pistard” le è servita tutta, in Danimarca. Solo con l’abilità di chi proviene da lì poteva sgusciare tra le più potenti e muscolate rivali che aveva davanti, sul rettilineo finale. Sì, perché, se è vero che senza l’apporto della Baccaille, la Bronzini non avrebbe potuto neanche immaginarlo, il pertugio giusto, per potercisi infilare ha dovuto fare da sola. E lo ha fatto come meglio non si sarebbe potuto. Un gioco di squadra perfetto, con la Guderzo sempre vicina alla Bronzini e con gli attacchi scoccati, seguendo un copione studiato a tavolino con il c.t, Salvoldi, dalla Cantele e dall’ottima esordiente, Longo Borghini. E la tattica, su un tracciato come questo ( simile, ma anche più “soft” di quello di Geelong), era fondamentale. Mai presentarsi ad uno sprint isolati. Belle anche le dediche per chi non c’è più, come Franco Ballerini e Marina Romoli. Ora, riconoscente verso il lavoro delle compagne, farà loro un altro regalo: “Down under” fu un orologio, ora si parla di un baby-doll. Un successo indubbiamente meritato, quello di Giorgia, la più forte tra le più forti. E previsto. Perché, nonostante l’annata poco brillante e le grandi aspettative qui, “maga” Bronzini l’aveva detto: “ Non temete. Al Mondiale rivedrete la miglior Bronzini”. E ora prevede un futuro prossimo da grande protagonista a Londra 2012. Parola di maga.Daniele Puppo
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