Mai dati soldi a nessuno, mai incontrato Tiziano Renzi o gente legata all’entourage del figlio. In sintesi, è quanto ha dichiarato la difesa di Alfredo Romeo – composta dagli avvocati Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge – prima che il loro assistito venisse interrogato questa mattina nel carcere di Regina Coeli, a Roma. «Il nostro assistito afferma di non aver mai dato soldi a nessuno e di non avere mai incontrato Tiziano Renzi o gente legata all’entourage dell’ ex presidente del Consiglio».
E’ anche “scorretta”, afferma l’avv.Vignola, “l’immagine di Romeo come grande corruttore”. “La contestazione per cui Romeo è in carcere è marginale – spiega inoltre il difensore ai giornalisti all’esterno del carcere -: parliamo di cinquemila euro ogni due mesi per avere consulenze private sul perfezionamento dei calcoli per presentare delle offerte”. “Abbiamo depositato un esposto mandato da Romeo nell’aprile del 2016 – aggiunge il legale -, dove denunciava i raggruppamenti illeciti delle grosse imprese per aggiudicarsi gli appalti e soprattutto documentava come ha vinto e si è aggiudicato gli appalti. Ovvero solo ed esclusivamente praticando il prezzo più basso”. Tutti gli altri gruppi, spiegherebbe Romeo nell’esposto ricordato dal suo legale, hanno vinto o per essersi raggruppati illegittimamente o per aver conseguito un punteggio molto alto sulla bontà del progetto. “Cioè su valutazioni discrezionali”, conclude l’avvocato Vignola.
L’imprenditore campano in carcere da cinque giorni con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta Consip, nell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto questa mattina al carcere di Regina Coeli di Roma, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Romeo avrebbe dovuto spiegare i centomila euro dati, secondo l’accusa, al dirigente Consip Marco Gasparri per avere informazioni e “dritte” sulle gare d’appalto. Poi chiarimenti sul “pizzino” recuperato dalla spazzatura del suo ufficio in cui compaiono la lettera “T” puntata preceduta da «30 mila euro mese»: per i pm è Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo. Presto potrebbe essere sentito anche l’ex deputato di An Italo Bocchino, lobbista di Romeo e indagato.
Intanto, il padre dell’ex premier spiega che dietro il cosiddetto Mr X dell’incontro di Fiumicino non c’è alcun mistero: un incontro di lavoro con un possibile fornitore, un gestore postale.
Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, già ieri ha ribadito la sua piena fiducia ad un altro indiziato nell’affaire Consip, il ministro dello Sport Lotti, sospettato di rivelazione di segreto e favoreggiamento. Secondo la ricostruzione dei giornali, l’amministratore di Consip, Luigi Marroni, avrebbe detto ai magistrati di essere stato avvertito da Lotti di un’indagine sulla sua società. Marroni avrebbe ricevuto lo stesso avvertimento anche da due alti ufficiali dei carabinieri. In seguito a queste informazioni, Marroni avrebbe fatto bonificare il suo ufficio da una ditta specializzata che avrebbe trovato alcune microspie. Marroni in un’intervista a Repubblica del 2 marzo scorso, non ha voluto confermare il coinvolgimento di Lotti né la circostanza che lo ha spinto a cercare delle microspie nel suo ufficio. Lotti non ha mai voluto spiegare pubblicamente le accuse è si è limitato a dichiarare di essere “tranquillo”.
La vicenda che vede coinvolti diversi esponenti Pd, al momento sembra non avere stravolto il calendario che vede il congresso di partito fissato per la fine di aprile. “Far saltare il congresso per l’inchiesta Consip? – ha detto il governatore della Puglia, Michele Emiliano – dire che il Partito Democratico non è in grado di fare il congresso corrisponderebbe a un ulteriore fallimento”. Ma l’aspirante candidato alla segreteria del Pd attacca l’ex premier Matteo:”Renzi chiede di aspettare le sentenze (per il padre, ndr) ma non ha dato a Ignazio Marino lo stesso tempo. Questa continua contraddizione e disuguaglianza di trattamento diventa misura delle cose quotidiane”.
Silenzio, sia da sinistra che dal centrodestra, su un ipotetico ricorso alle urne anticipate dopo questa nuova ‘bomba atomica’ sulla politica italiana che al momento governa il Paese.
L’urlo ‘Al voto, al voto!” si leva solo dalle fila del M5S. Scrive Luigi Di Maio in un post sul blog di Beppe Grillo, intitolato sarcasticamente #camomillaGentiloni, all’indomani delle dichiarazioni del premier pronto a governare fino al termine della legislatura: “Le rassicurazioni sono chiacchiere, non ne abbiamo bisogno. Il partito che regge il governo – scrive Di Maio – è esploso, il suo alleato Verdini condannato a 9 anni di carcere, lo scandalo Consip è appena all’inizio, il Parlamento è immobile, non abbiamo ancora una legge elettorale omogenea per le due Camere, i poveri aumentano, le aziende chiudono o delocalizzano”.
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