Si allunga di giorno in giorno la lista delle persone di buon senso che cercano di richiamare le coscienze dei nostri politici sui reali problemi del Paese. È la volta del presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), il cardinale Angelo Bagnasco, che a margine della messa celebrata questa mattina nello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, nel capoluogo ligure, dice apertamente: “la politica si decida a finirla con ogni indugio, spesso immotivato, e ad affrontare seriamente e decisamente i problemi della gente, che non ne può più”. A poche ore dalla dichiarazione del ministro del welfare Fornero sulla necessità di reperire nuove risorse per il finanziamento della cassa integrazione che ha ormai esaurito le sue scorte, l’arcivescovo di Genova sottolinea l’urgenza di un intervento della politica per risolvere la crisi, in particolare del mondo del lavoro. “Le persone che hanno responsabilità a tutti i livelli, politico, amministrativo, imprenditoriale, aziendale – ha specificato – devono fare sempre di più, e in modo sempre più urgente, la propria parte”. Secondo il cardinale Bagnasco “si guarda troppo a interessi particolari che a volte sono solamente di comodo”. Dai nostri politici dunque anche la Chiesa, come del resto l’intero Paese, si aspetta un cambio di passo che ponga fine a questo durissimo momento di stallo che rischia di produrre ulteriori guasti. E tanto per evitare che il parlare sia fine a se stesso, un aggiornamento sugli ultimi dati che riguardano le imprese può spiegare in maniera ancora più chiara la situazione attuale. In cinque anni, dal 2007 al 2012, i fallimenti delle imprese sono raddoppiati. Lo ha sottolineato il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, nel corso di un’audizione parlamentare sul decreto che sblocca i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione.
“La scarsità di fondi contribuisce all’aumento dei fallimenti: 3.596 nel quarto trimestre 2012 contro i circa 1.800 nel quarto trimestre del 2007.
Con l’immediata liquidazione di 48 miliardi – ha spiegato – si genererebbero, in tre anni, 10 miliardi di investimenti aggiuntivi delle imprese che avrebbero l’effetto di aumentare il livello del Pil: dopo tre anni di circa l’1%”. Il miglioramento del contesto macro economico e della posizione di bilancio aziendale secondo Panucci ‘‘farebbe alzare i rating bancari attribuiti alle singole imprese, frenerebbe l’aumento delle sofferenze, favorirebbe l’erogazione di credito a tassi più bassi”.
Insomma, occorre avviare al più presto il processo virtuoso: più liquidità, più investimenti, più crescita, rating migliori, più credito e quindi più investimenti. In questo modo dopo cinque anni l’aumento del prodotto interno lordo toccherebbe l’1,4% e gli occupati crescerebbero di 243 mila unità.
A.B.