Sconcertante poi il fenomeno delle violenze e degli abusi sessuali contro cristiani: ogni giorno in media 23 cristiane/i vengono abusati sessualmente.

Cresce la persecuzione anticristiana nel mondo in termini assoluti. Oggi salgono da 245 a 260 milioni i cristiani perseguitati.

“Su circa 100 Paesi potenzialmente interessati dal fenomeno monitorati dalla nostra ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema. Il numero di cristiani uccisi per ragioni legate alla fede scende da 4.305 dello scorso anno a 2.983 del 2019, con la Nigeria ancora terra di massacri per mano soprattutto degli allevatori islamici Fulani, ben più letali dei terroristi Boko Haram. La Repubblica Centrafricana e, in particolare, lo Sri Lanka, con il terribile attentato di Pasqua 2019, sono rispettivamente il 2° e 3° Paese per numero di uccisioni”.

La “lista nera” dei paesi anticristiani è stilata analizzando la pressione in 5 aree della vita (privato, famiglia, comunità, nazione, chiesa), più il numero di atti di violenza. In testa – stabile dal 2002 – c’è la Corea del Nord dove tra i 50 e i 70 mila cristiani sono in carcere perché trovati in possesso di una Bibbia o riuniti in preghiera. «Almeno 300 mila i cristiani clandestini, le chiese esistenti servono per ingannare i turisti, in realtà sono trasformate in teatri», ha affermato Cristian Nanni nel corso della presentazione, introdotta dal deputato di FdI Andrea Demastro Delle Vedove. Il parlamentare ha parlato di «vero e proprio genocidio dei cristiani, censurato per ragioni economiche e diplomatiche, come in Qatar, col quale l’Italia ha appena firmato accordi o in Cina per la via della seta».

Sono “11 le nazioni che rivelano una persecuzione definibile estrema, di fatto le stesse dell’anno scorso”, con Sudan ed Eritrea che si scambiano le posizioni.  Subito dopo la Corea del Nord c’è l’Afghanistan, quindi Somalia e Libia totalizzano un punteggio uguale o superiore ai 90, ma con fonti di persecuzione diverse rispetto alla Corea del Nord, connesse a una società islamica tribale radicalizzata e all’instabilità endemica di questi Paesi: la fede va vissuta nel segreto e se scoperti (specie se ex-musulmani), si rischia anche la morte”. «Paesi che hanno in comune – ha spiegato il direttore di Open Doors – lo stesso humus socio-politico e la stessa assenza di istituzioni. In questi paesi chi si converte rischia violenze o uccisioni».

Al quinto posto poi il Pakistan, salito alla ribalta delle cronache internazionali per il caso di Asia Bibi: «Più che di rilascio, parlerei di fuga, visto che si è dovuta nascondere in un paese extraeuropeo. Il diritto alla libertà religioso è l’orfano della Dichiarazione universale dei diritti umani, il meno discusso e difeso». Seguono Eritrea, Sudan, Yemen e Iran.

Da segnalare al decimo posto l’India, la grande democrazia asiatica che sta conoscendo, secondo la denuncia di Porte Aperte, una pericolosa devastazione dei diritti delle minoranze: «Non passa giorno – spiega il direttore di Porte Aperte – senza che una chiesa indiana o un cristiano non venga attaccato. Ancora più grave è l’impunità che segue alle violenze, per colpa del nazionalismo religioso del governo, che sta “induizzando” il Paese».

All’undicesimo posto la Siria, in cui i cristiani subiscono gli attacchi dei terroristi del Daesh e delle altre fazioni jihaidiste, ma anche delle milizie turche e curde. Drammatica la testimonianza del reverendo George Moush, pastore a Quamishly, nord est del paese, della chiesa dell’Alleanza evangelica: «Un mese fa – ha raccontato alla presentazione del dossier – davanti alla chiesa sono stato caricato a forza su un van da tre uomini che poi ho saputo essere curdi. Mi hanno bendato e rinchiuso in uno scantinato assieme a delinquenti e membri del Daesh. Mi hanno accusato di avere costruito la chiesa senza la loro autorizzazione. Ringrazio Dio se miracolosamente sono stato rilasciato».

A.B.