Frank-Walter Steinmeier è stato eletto presidente della Repubblica in Germania. La candidatura dell’ex ministro degli Esteri è stata approvata a larga maggioranza dall’assemblea federale di Berlino.
Socialdemocratico tendente più al centro che a sinistra, uomo chiave della grande coalizione che sostiene Angela Merkel e prima di lei Gerhard Schröder, Steinmeier ha ricevuto 931 voti su 1253 già al primo scrutinio, come si prevedeva alla vigilia. Oltre ai suoi compagni di partito e agli alleati cristiano-democratici e cristiano-sociali, hanno votato per lui anche i verdi e i liberali del FDP.
È il dodicesimo capo di Stato della repubblica federale: si insedierà fra un mese, prendendo il posto di Joachim Gauck. Toccherà a lui vigilare sulle elezioni politiche in programma il prossimo 24 settembre, quando la Merkel correrà per il suo quarto mandato. In corsa contro di lei, fra gli altri, ci sono il socialdemocratico Martin Schulz – passato in vantaggio sulla cancelliera uscente, secondo gli ultimi sondaggi – e i nazional-populisti di Alternative für Deutschland, che proprio nelle ultime ore hanno deciso una mossa “istituzionale”: espellere il capogruppo al parlamento regionale della Turingia, Björn Höcke, autore di dichiarazioni contro la memoria dell’Olocausto.
Steinmeier è stato ministro degli Esteri per due mandati, dal 2005 al 2009 e poi di nuovo dal 2013 al 2017: si è dimesso, lasciando la poltrona al vicecancelliere Sigmar Gabriel, per candidarsi alla presidenza. In mezzo, quattro anni da capo dell’opposizione, dopo aver sfidato la Merkel alle urne ed esserne uscito sconfitto.
Da capo della diplomazia si è guadagnato consensi ad ampio spettro, ma ogni tanto ha preso decisioni impopolari in nome della ragion di Stato: ad esempio nel 2007, quando si è rifiutato di incontrare il Dalai Lama per non irritare la Cina, e nel 2015, quando non ha partecipato alle cerimonie per il centenario del genocidio armeno per paura di guastare i rapporti con la Turchia, che – in aperta polemica con la Merkel – avrebbe voluto vedere nell’UE. La sua politica conciliante con Turchia, Russia e Cina è stata paragonata all’Ostpolitik con cui Willy Brandt riaprì negli anni ’70 i canali di comunicazione con l’allora Germania est, creando un terreno fertile per la riunificazione tedesca. Con le potenze meno democratiche, in sintesi, ha preferito sedersi al tavolo delle trattative, anche a costo di chiudere un occhio su alcune violazioni dei diritti umani, anziché isolarle.
“Non è meraviglioso che il nostro paese, questa ‘patria difficile’, sia diventato per molti nel mondo un’ancora di speranza?”, ha detto Steinmeier in aula, subito dopo il voto. “Anche dopo la riunificazione c’era un po’ di risentimento contro gli stranieri, ed è stato superato. Sono sicuro che ci riusciremo anche oggi”.
Le prime parole di ringraziamento su Twitter, invece, il neopresidente le ha riservate alla moglie, Elke Büdenbender, che lascerà il posto di giudice per fare la first lady a tempo pieno. “Ti voglio ringraziare con tutto il cuore per avermi seguito”, le ha scritto, a corredo di una foto che li vede seduti mano nella mano sul sedile posteriore dell’auto di rappresentanza.
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