Un gatto nero si aggira indisturbato tra i palazzi apostolici, il suo ghigno sarcastico è peggiore dei suoi graffi. Quando passa tutti si grattano.
La rovina della Chiesa è nelle mani del suo Pontefice, il gesuita Jorge Mario Bergoglio, l’uomo che spaziando dalla politica, all’economia allo Spirito santo, ha scandito la fine di una storia d’amore e di governo tra il credo religioso e la fede politica. E’ evidente a tutti che il Papa argentino sia ossessionato dalle politiche migratorie e da quello che potremmo, definire un autentico fanatismo antisalviniano; dall’opposizione alla Brexit, allo spauracchio a stelle e strisce di Trump.
Una partita strategica difficile e complessa giocata senza lasciare possibilità a compromessi o vie d’uscita per nessuno.
La “vocazione” politica di Papa Francesco rischia di umiliare il soglio di Pietro e allontanare al contempo milioni di credenti. Come se non bastasse le sue posizioni sui temi più sensibili, come l’aborto, il divorzio, la bioetica e l’omosessualità hanno svuotato e svilito la fede in una dimensione sociologica, umana e orizzontale lontana da quelle teorie etico morali appartenenti alla dottrina teologica.
L’amore con i cattolici si è affievolito e si fa sempre più forte la sensazione di un distacco del popolo di Pietro dal soglio pontificio. Basti ricordare due recenti disastri nei viaggi apostolici in Cile e in Irlanda di papa Francesco.
Come ricorda Italia Oggi, a gennaio il Pontefice è stato in Cilee mentre nel 1987 Giovanni Paolo IIera stato accolto da una folla festante, Bergoglio si è trovato nel mezzo di chiese incendiate e minacce terroristiche. Poi, pochi giorni fa, inIrlanda: 120mila personead ascoltare il Pontefice contro un milione e mezzoche si era radunato per Papa Wojtyla nel 1979, una partecipazione avvenuta nel momento peggiore possibile per il Vaticano, quello dello scandalo della pedofiliae degli abusi dei preti su bambini. Problemi che ancoraaleggiano come un’ombra scura sui sacri palazzi.
Nella storia triste di questo pontefice non bastavano le sconfitte politiche; tutto ciò che ha denigrato politicamente ha vinto per mano degli elettori, ma i problemi si sono spostati ben presto anche sul bilancio economico della Santa Sede.
In sette anni, il numero di italiani che hanno deciso di destinare l’otto per mille dell’Irpef alla Chiesa cattolica è diminuito di circa due milioni. Si stima che Stato e Confessioni varie incassino così circa tre volte quel che verrebbe loro attribuito dalle scelte esplicite degli italiani. Alla Chiesa cattolica va oltre l’80%.
È calata complessivamente anche la quota di contribuenti che hanno espresso una scelta in dichiarazione dei redditi e questo fatto, insieme all’aumento dell’importo assoluto dell’otto per mille, ha permesso comunque alla Conferenza episcopale italiana, di non risentire dal punto di vista finanziario – almeno per quest’anno – del calo delle preferenze.
Di queste risorse importanti che ogni anno arrivano dalle tasche dei contribuenti italiani una quota di circa il 10% viene investita nei cosiddetti interventi caritativi a favore del Terzo Mondo.
La chiesa gesuita bergogliana, non si limita solo alla carità e benevolenza verso i poveri, i reietti e i migranti, ma si preoccupa di dare una mano anche a quelli che non pagano le bollette, riattaccando loro i contatori, favorendo in questa maniera l’illegalità e l’ingiustizia sociale.
Dove sono finiti la dottrina e i valori del messaggio cristiano che riconduce alla vita eterna?
L’impareggiabile risorsa della religione cristiana rispetto a ogni visione laica è di prospettare l’eterno oltre il tempo, l’avvenire oltre la vita terrena, la resurrezione oltre la morte. Il messaggio cristiano che apre i cuori e convoglia le menti è tutto rivolto al futuro, e la fede come la speranza sono virtù teologali interamente rivolte al futuro, a quel che accadrà. La forza suprema della fede è intenerire la morte, dare uno spiraglio alla vita, far capire che non finisce tutto qui, che la vita è oltre e fuori il sepolcro, e oltre l’umano c’è il divino, oltre la storia c’è la luce eterna. E su questa scommessa, su questa apertura all’eterno, si fonda la morale e le relazioni tra gli uomini e il cristianesimo.
La Chiesa di Papa Bergoglio è interamente piegata sul presente, prende a cuore la condizione contemporanea: i migranti, la fame, la pace, i corrotti, le ingiustizie sociali. Compito prioritario, se non esclusivo, della Chiesa oggi, secondo Francesco, è affrontare questi problemi, esortando all’accoglienza sempre e comunque, denunciando le disparità e moltiplicando gli interventi in materia di politiche umanitarie. Magari non accorgendosi del nuovo che avanza: chiese vuote di sacerdoti e fedeli, e mancanza di respiro spirituale. Bergoglio ha deciso di mutare la ragione sociale dei luoghi di culto per renderli (ma solo quelli e non certo l’immenso patrimonio immobiliare della Santa Sede) luoghi di accoglienza per i poveri, gli affamati e gli emarginati in un’ottica di più assistenza meno preghiera, più solidarietà meno liturgia.
Ma tutto questo non piace molto al popolo di Dio. I credenti si stanno allontanando dalla Chiesa. La corte bergogliana non accenna a fare un mea culpa di fronte ai cattolici e a tutti gli italiani. Le gerarchie vaticane dovrebbero occuparsi della fede, di Gesù Cristo e della Madonna come speranza di resurrezione e di perdonanza, anziché fare comizi e osservazioni critiche al mondo terreno che poco ha a che fare con il giudizio divino, la vera missione sacerdotale.
Barbara Ruggiero
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