dell’ inattività tra gli uomini (+0,4%) e del calo tra le donne (-0,2%).
L’ Istat rileva inoltre che a settembre 2013 gli occupati sono 22 milioni 349 mila, in diminuzione dello 0,4% rispetto al mese precedente (-80 mila) e del 2,1% su base annua (-490 mila). Il numero di individui inattivi tra 15 e 64 anni aumenta dello 0,5% rispetto al mese precedente (+71 mila unità) ma rimane sostanzialmente invariato rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività si attesta al 36,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti su base annua.
Rispetto al mese precedente l’ occupazione diminuisce sia per la componente maschile (-0,2%) sia per quella femminile (-0,6%). Anche in termini tendenziali la disoccupazione diminuisce sia per gli uomini (-2,4%) sia per le donne (-1,8%). Il tasso di occupazione maschile, pari al 64,4%, diminuisce di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,7 punti su base annua. Quello femminile, pari al 46,5%, diminuisce di 0,3 punti in termini congiunturali e di 0,7 punti percentuali rispetto a dodici mesi prima.
La perdita del lavoro – sottolinea infatti, Coldiretti – é il rischio più temuto dagli italiani in una situazione in cui per una famiglia su quattro (22 per cento) è un autunno di sacrifici economici.
Se il 42 per cento degli italiani vive senza affanni, quasi la metà (45 per cento), invece, riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi, mentre oltre 2 milioni di famiglie (10 per cento) – continua Coldiretti – non hanno oggi reddito a sufficienza neanche per l’ indispensabile a vivere.
In questa situazione la famiglia – precisa la nota – è la principale fonte di welfare. Il 37 per cento degli italiani è stato costretto infatti a chiedere aiuto economico per arrivare alla fine del mese ai genitori, il 14 per cento a parenti e il 4 per cento addirittura ai figli. Solo il 14 per cento si è rivolto a finanziarie o banche mentre l’ 8 per cento agli amici. Spesso considerata superata, la struttura della famiglia
La solidarietà tra generazioni – conclude Coldiretti – è dunque un modello vincente per vivere e stare bene insieme e non un segnale di arretratezza sociale e culturale come molti si ostinano ad affermare.