Matteo, principe azzurro delle favole. Ve lo immaginate, il nostro Premier, nei panni di salvatore della Patria, l’Italia, principessa addormentata nel bosco? Così a lui piace rappresentarsi. «Siamo qui per svegliarla», ha detto Renzi agli studenti della Georgetown University, a Washington, ieri, giovedi 16 aprile. Nell’uditorio, tanti nostri connazionali. «Cambieremo l’Italia, e quando voi tornerete, anche solo per le vacanze, troverete un Paese diverso». Un Paese diverso, dunque, l’Italia “the Day after” le “sue” riforme, e non solo per chi verrà in vacanza. La domanda che ci si pone, legittima, è se sarà anche un Paese migliore.
«Il primo problema è che l’Italia deve fare le riforme, poi bisogna cambiare l’approccio mentale in Europa», ha aggiunto il presidente del Consiglio in viaggio negli States.
Riforme, riforme, riforme. Cambiamento, cambiamento, cambiamento. È il motto che questo governo ripete fin dalle prime ore, a fare dimenticare — e a qualcuno, più o meno imprevedibilmente, rimpiangere — il più usurato e ormai rugoso “Meno male che Silvio c’è”.
Che ci sia Matteo, è un bene? Se lo chiedono i sempre più incerti cittadini, gli inquieti costituzionalisti e i molti timorosi sulle sorti della democrazia, perfino all’interno del suo partito. Renzi va avanti sulla sua linea dura: sì al confronto, ma nulla cambia, niente concessioni. Insomma, sì al dialogo, ma con chi la pensa come lui.
Il cavallo bianco del Partito Democratico comincia a zoppicare. Il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, si è dimesso due giorni fa, non condividendo l’Italicum e, soprattutto, l’oltranzismo autoritario del Segretario-Premier. «C’è una contraddizione evidente tra le mie idee e la funzione che svolgo e che sarei chiamato a svolgere nelle prossime ore», ha detto il leader della minoranza dissenziente.
Più che una favola, la storia tra Renzi e l’Italia comincia a somigliare a un thriller. Il lieto “the End” non è più così scontato. «L’Italicum resta com’è», conferma il prode principe, forse un po’ precipitoso nell’indossare la corona imperiale, e che, con un vezzo di prudenza, ammette qualche possibilità di “correttivo”per la riforma del Senato, che «potrebbe tornare elettivo». «L’importante è che si abbandoni il bicameralismo perfetto». L’importante è cambiare. Il cambiamento per il cambiamento. Un valore in sé, che vale più dei principi di eguaglianza e di equilibrio tra i poteri, su cui si regge la nostra Costituzione e una democrazia degna di questo nome.
“Rottamare”, “abbandonare”…il linguaggio del premier parla più delle parole. E quando parla, è sempre più difficile vederlo come un delicato principe azzurro, che posa le sue labbra leggere sulla principessa che dorme, fragile e indifesa. Lo vediamo, piuttosto, scuoterla con vigore machista, con il rischio di traumatizzarla, finanche di farla entrare in coma. E poi, una volta sveglia, salirà a cavallo?
Non vorremmo che al “risveglio”, al bacio energico dell’entusiasmo riformista del Premier Renzi, l’Italia non più addormentata intonasse: “Una mattina mi son svegliata/ e ho trovato l’invasor”. Il programma salvifico del Premier prevede, infatti, tra l’altro, privatizzazioni e cessioni di beni e servizi pubblici anche essenziali, come l’energia elettrica, il gas e l’acqua (nonostante la povera principessa nel “sogno” referendario abbia espresso un chiaro parere di voler mantenere pubblico il bene comune).
L’Italia dorme, ormai, da decenni, in attesa di favolistici salvatori, molti dei quali hanno annunciato finali non troppo dissimili. Anche con il novello principe azzurro toscano, siamo ancora al “C’era una volta…” degli annunci. In questo caso, non sappiamo se è un bene, un male o un “meno male”.
Emanuela Bambara
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