La Germania accoglierà tutti i rifugiati siriani sul territorio nazionale. Lunedì scorso la Cancelliera federale Angela Merkel aveva annunciato la decisione di farsi carico di un numero maggiore di profughi rispetto alla quota assegnata dagli accordi di Dublino. Oggi, su Twitter, l’Ufficio federale per l’Immigrazione ha confermato che non si tratta solo di parole vuote.
Assieme al presidente della Repubblica francese François Hollande, lunedì la Cancelliera aveva lanciato un appello alla solidarietà e alla condivisione degli sforzi europei, in piena sintonia con l’Agenda per l’immigrazione varata dal presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker.
Secondo gli analisti, la decisione di Berlino punta a smuovere la situazione della politica comunitaria di accoglienza, resa stagnante dalle resistenze di Stati come le repubbliche baltiche, Polonia, Regno Unito e Ungheria.
Lo Stato più ostile a una revisione al rialzo degli accordi di Dublino è proprio quello guidato dal premier Viktor Orbán, che nel tentativo di controllare il fenomeno ha deciso di costruire una recinzione lungo il confine serbo.
Oggi a Röszke, a pochi passi dal confine, la polizia ha sparato lacrimogeni contro un gruppo di circa 200 migranti che stavano cercando di protestare con i giornalisti per le procedure di registrazione messe in atto dai funzionari ungheresi, che prevedono ad esempio la schedatura delle impronte digitali.
La questione è tutt’altro che banale: la normativa europea in vigore – se non si decide scientemente di violarla, come ha annunciato la Germania – vieta di richiedere asilo politico in due o più Stati, e attribuisce la responsabilità dell’accoglienza al Paese UE sul cui territorio avviene la prima registrazione.
L’Ungheria, invece, non è che una tappa intermedia della rotta orientale che porta i profughi dal Medio Oriente agli Stati più ricchi dell’Europa occidentale e settentrionale. Su questo percorso, che attraversa la Turchia, il mar Egeo e la penisola balcanica, negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli incidenti. Infatti, se da una parte non smette di crescere il numero dei profughi che la percorrono, in fuga dalle vessazioni dell’ISIS e dagli orrori delle guerre civili in Siria e Iraq, dall’altra le politiche altalenanti degli Stati di transito hanno l’effetto collaterale di trasformare il flusso costante di disperati in una sequenza di ondate.
Nei giorni scorsi, dopo una prima revisione al rialzo del numero di domande d’asilo di cui Berlino prevedeva di farsi carico, Angela Merkel ha raccolto per prima l’invito – partito da Bruxelles – ad accogliere quote extra di migranti in deroga ai trattati di Dublino.
La ripartizione dei richiedenti asilo in quote di pertinenza dei singoli paesi, stabilita nel testo sottoscritto nel 1990 nella capitale irlandese e aggiornato l’ultima volta nel 2013, è stata usata da altri Stati come base giuridica per ridurre il numero di profughi di cui si devono occupare in prima persona.
Contro l’accordo di Dublino si sono espressi anche altri esponenti politici europei di primo piano. Il più esplicito è stato il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz: “Non solo funziona male”, ha dichiarato dopo una visita in Macedonia, “in realtà non funziona più”.
Ha toccato il tema anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, chiamato in causa direttamente da Merkel e Hollande, che avevano invitato l’Italia ad accelerare il potenziamento dei centri di registrazione per i richiedenti asilo. Nel suo discorso di ieri al meeting di CL a Rimini, il premier si è detto pronto a sacrificare voti per salvare vite umane, e ne ha approfittato per condannare il “provincialismo della paura”, ma anche il taglio “macchiettistico” con cui gli Stati più potenti d’Europa descrivono i Paesi del sud. “Quando parliamo del Mediterraneo, noi parliamo del cuore dell’Europa, non di una sua frontiera”, ha detto Renzi.
Se la spallata tedesca riuscirà a smuovere la situazione si capirà, in ultima analisi, solo il prossimo 11 novembre, data del vertice europeo sulla politica dell’immigrazione in programma a Malta. Le istituzioni europee hanno già fatto capire da che parte stanno: “Ci auguriamo che il messaggio tedesco riecheggi in altre capitali”, ha sostenuto un portavoce di Bruxelles. Con ogni probabilità Juncker tornerà sull’argomento in occasione del discorso sullo stato dell’Unione, che si terrà di fronte al parlamento di Strasburgo il 9 settembre.
Oggi la cancelliera Merkel e il presidente della Repubblica Joachim Gauck hanno visitato il centro d’accoglienza di Heidenau, nei pressi di Dresda, attaccato nei giorni scorsi da un gruppo di neonazisti. In un discorso trasmesso dai media tedeschi, la Cancelliera ha definito “vergognoso” l’episodio dell’attacco, ha ripetuto il suo appello ad affrontare “tutti insieme” il fenomeno dell’immigrazione e ha promesso “tolleranza zero” per chiunque neghi la dignità umana ai migranti. Alcuni esponenti dell’estrema destra locale, che erano presenti al discorso, le hanno rivolto fischi e insulti.
F.M.R.
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