Donald Trump va all’attacco dei giudici che hanno bloccato il Muslim Ban, il decreto che chiude le frontiere USA ai cittadini musulmani di sette Stati africani e mediorientali.
“Non riesco a credere che un giudice possa mettere il nostro paese in un pericolo del genere”, ha twittato ieri sera il presidente. “Se succede qualcosa date la colpa a lui e al sistema giudiziario. C’è gente che si riversa in massa. Male!”
A smuovere Trump – che non non pubblicava niente su Twitter da circa venti ore – è stata la decisione di una Corte d’appello federale che ha respinto il ricorso del dipartimento di Giustizia contro la sentenza che sospende per ora l’applicazione del provvedimento, pronunciata sabato dal giudice James Robart, dello Stato di Washington.
Il Dipartimento e lo Stato hanno tempo fino alle 15 di oggi – quando in Italia saranno le 21 – per presentare nuovi argomenti a favore delle rispettive tesi. Intanto, però, il decreto resta congelato e i cittadini dei sette Stati possono di nuovo attraversare le frontiere (ammesso, naturalmente, che abbiano tutte le carte in regola).
Trump ha dovuto incassare il colpo: “Ho chiesto alla Sicurezza nazionale di controllare MOLTO ATTENTAMENTE le persone che entrano nel nostro paese”, ha scritto in un altro tweet.
Soddisfatti i governi degli Stati interessati dal bando (Iran, Iraq, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen). Secondo Saad al-Hadithi, portavoce del governo di Baghdad, il blocco del bando è “una mossa nella direzione giusta”.
Un segnale di disgelo è arrivato anche da Teheran: il governo iraniano ha revocato la decisione di impedire alla squadra USA di partecipare alla Freestyle World Cup di lotta, in programma il 16 e il 17 febbraio a Kermanshah. A favore della Repubblica islamica si è speso anche il Cremlino. Dmitry Peskov, il portavoce di Vladimir Putin, ha espresso il “disaccordo” di Mosca con l’affermazione di Trump per cui l’Iran è “lo Stato terrorista numero uno”. Per poi precisare: “USA e Russia hanno posizioni divergenti su alcune questioni internazionali, ma questo non deve impedire i nostri sforzi nello sviluppo delle relazioni”.
F.M.R.
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