Il ricatto era nell’aria. I messaggi al governo da parte dei vertici di Atlantia erano partiti già da tempo. E per quanto accennati erano chiari nella sostanza:toglieteci le concessioni autostradali e noi non parteciperemo al piano di salvataggio di Alitalia.
Dopo i sussurri le grida dunque. La famiglia Benetton malgrado il crollo del ponte del Polcevera, i morti di Genova, le indagini della magistratura e le relazioni tecniche e amministrative che inchiodano loro ed il gruppo alle loro gravissime responsabilità, tentano, non senza arroganza, la carta di quello che il ministro degli esteri nonché capo della delegazione di M5s al governo Luigi Di Maio, ha definito in una parola “il ricatto”.
Senza garanzie, Atlantia non porterà nelle casse di Alitalia quel 35% di capitali (ci sono da versare ancora 300 milioni rispetto ai 200 già dati alla compagnia) indispensabili a far partire quel piano industriale ora all’esame dell’esecutivo, ma dal quale l’altro socio ovvero l’americana Delta avrebbe cominciato a prendere anch’essa le distanze.
L’affaire Alitalia dopo la sortita dei Benetton s’ingarbuglia non poco, considerato, che dopo la forte presa di posizione dei grillini la questione resta più che mai sul tappeto. Conte consapevole che questa è la prima vera mina vagante da quando è nato il suo esecutivo giallo-rosso, cerca di correre ai ripari mediando. Ma le prime reazioni non lasciano sperare nulla di buono. Per lui la strada sembra tutta in salita.
La questione Alitalia, rimette nelle mani di un governo sotto tiro per una manovra fantasma e priva di coperture, la grana dei nuovi soldi che lo Stato dovrà cacciare in futuro per tenere a galla un’azienda che, solo due anni fa, aveva ricevuto un prestito ponte di 900 milioni di euro, due terzi dei quali, già bruciati dalle perdite che marciano alla velocità di mezzo milione al giorno.
Se salta il banco, come probabile, cosa succederà ad Alitalia e agli aiuti di Stato già ricevuti che ci hanno portati sul banco degli imputati di Bruxelles?. Difficile dirlo ma il problema resta. Come resta tutta in piedi la questione politica del ricatto dei Benetton, una famiglia industriale incredibilmente superprotetta e supercoccolata da partiti come Forza Italia e Partito democratico, Confindustria e grande stampa.
Adesso si tratta di capire come si muoverà l’esecutivo. La revoca delle concessioni autostradali ad Atlantia, è un nodo non facile da sciogliere. Restano i vantaggi già acquisiti dalla famiglia di Treviso che a partire dal rinnovo pluriennale del 2008 (un regalo del governo Berlusconi seguito a quello altrettanto generoso del governo Prodi d’Alema di qualche anno prima) ha portato nelle tasche della famiglia, dei loro amici soci e probabilmente anche in quelle di politici e partiti di riferimento qualcosa come sette miliardi di utili. Quattordicimila miliardi delle vecchie lire.
E tutto questo a fronte di investimenti mai onorati ed una gestione per la quale parlano i 23 morti della Basilicata e le 43 vittime del ponte Morandi. Una vergogna nazionale di cui non si parla mai abbastanza.
E’ su questo che ora dovranno ragionare il premier Conte, Di Maio e il segretario del Pd Zingaretti nel momento in cui il Paese ha già capito che a pagare il conto salato della nuova manovra sarà soltanto un ceto medio già svuotato da sacrifici e tasse. Un mondo fatto di piccole aziende, famiglie e pensionati a reddito fisso che dal prossimo taglio delle agevolazioni fiscali e contributive devono aspettarsi solo amare sorprese.
Enzo Cirillo
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