Sarà Robert S. Mueller III a dirigere le indagini sui presunti legami tra la Russia e il comitato elettorale di Donald Trump. Direttore dell’FBI per 12 anni, è stato nominato dal dipartimento di Giustizia USA come special counselor, una specie di superprocuratore indipendente.
Il suo compito sarà di guidare e supervisionare le indagini. Alla fine sarà lui, se lo riterrà opportuno, a sporgere accuse formali contro lo stesso presidente o più probabilmente contro i suoi collaboratori.
A Washington Mueller gode di grandissima stima per la sua serietà e per la sua indipendenza di giudizio. È noto, fra l’altro, per essere insolitamente garantista e ostile alle fughe di notizie.
Non è il caso di illudersi che la sua nomina sia il preludio a un rapido impeachment di Trump. Come minimo, per indagare ci vorrà parecchio tempo: probabilmente fino alle elezioni di metà mandato, in programma nel 2018, e oltre. Intanto, la nomina di una figura così stimata restituirà credibilità alle indagini e spunterà le armi dei tanti detrattori del presidente che siedono in Congresso.
È insolito, infatti, che sia proprio l’esecutivo a proporre il nome del superprocuratore. Anche perché il Procuratore generale dello Stato, Jeff Sessions, si è dovuto auto-ricusare dall’inchiesta perché è coinvolto a titolo personale nei presunti contatti con il Cremlino, e quindi la responsabilità è ricaduta sul suo vice, Rod Rosenstein.
Probabilmente il dipartimento di Giustizia ha giocato d’anticipo per impedire alla fronda anti-Trump di proporre un candidato più schierato. La scelta di un uomo stimato tanto dai democratici quanto dai repubblicani, in questo senso, è stata intelligente.
Nominato a capo dell’FBI da George W. Bush, all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, Mueller riuscì a risollevare la credibilità della polizia federale USA. Il suo lavoro fu talmente apprezzato che alla scadenza del mandato – nel 2011 – l’allora presidente Barack Obama gli chiese di restare al suo posto per altri due anni. L’inedita proroga ha fatto sì che il suo mandato alla guida dell’FBI sia stato il più lungo della storia dopo quello di J. Edgar Hoover, il suo leggendario fondatore. Hoover restò al timone della sua creatura dal 1935 al 1972, ai quali si possono aggiungere gli undici anni – dal ’24 al ’35 – passati alla guida di quello che ancora si chiamava solo Bureau of Investigations.
“L’indagine confermerà quello che sappiamo già”, ha commentato il presidente Trump, “cioè che non c’è stata nessuna collaborazione tra il mio comitato elettorale ed entità straniere”.
Intanto, però, il Washington Post ha pubblicato la trascrizione di una conversazione in cui Kevin McCarthy, leader della maggioranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti, si dice convinto che Trump sia pagato da Putin.
Penso che ci siano due persone pagate da Putin: Rohrabacher e Trump.
Dana Rohrabacher, l’altro nominato insieme a Trump, è un esponente repubblicano della California noto per le sue posizioni favorevoli alla Russia.
La frase sarebbe stata pronunciata a giugno 2016, quando Trump aveva già vinto le primarie repubblicane e aspettava l’investitura ufficiale per le presidenziali, in una conversazione con altri parlamentari del Grand Old Party.
Poco dopo, sempre secondo la trascrizione del WP, si sentirebbe Paul Ryan – lo speaker della Camera – assicurarsi che il tutto non finisca per “arrivare niente alla stampa”: “Così sappiamo di essere una famiglia”.
Gli uffici di Ryan e McCarthy hanno prima provato a negare che la conversazione sia mai accaduta. Quando il WP ha detto di averne una trascrizione, hanno obiettato che potrebbe essere stata alterata. Hanno corretto il tiro solo quando il quotidiano della capitale ha detto di avere una registrazione della conversazione: allora sono passati a sostenere che si trattasse di uno scherzo.
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