“L´area è modellata come un paesaggio unico – un´isola circondata da un canale d´acqua – e strutturata intorno a due assi perpendicolari di forte impatto simbolico: il Cardo e il Decumano della città romana…”.
Con queste parole iniziava la presentazione ufficiale del 26 aprile 2010 al Teatro Strehler di Milano del Master Plan della prossima Expo 2015 di Milano la quale proseguiva annunciando che tutti i Paesi partecipanti avrebbero avuto spazi affaccianti sull´asse principale, dove veniva indicato a ciascuno la possibilità di realizzare veri e propri “orti” per documentare i loro processi di produzione agricola. Immagini renderizzate molto acquarellose raccontavano come tutti gli spazi pubblici sarebbero stati protetti da teli, forse veli, tesi orizzontali tra esili pali verticali. Inoltre all´ingresso del sito, delle serre e dei campi coltivati avrebbero rappresentato un percorso per scoprire le risorse della natura. Nuove indicazioni precise sull´uso del sito dopo l´Expo non furono precisate; restava sempre in sospeso l´indicazione, fornita nella prima presentazione del progetto, della costruzione di un nuovo quartiere residenziale e di centri commerciali. Anche quest´ultima presentazione sollevò molte perplessità, soprattutto tra gli architetti, non solo italiani, i quali, certamente non incantati dalla storia del “Cardo e Decumano” (impianto uguale a quello della vicina Fiera di Fuksas), vedevano spostate in secondo, se non in terzo piano, eventuali loro possibilità (tipiche di tutte le Expo) di progettare e sperimentare edifici e trasporti innovativi. Ora mancano solo cinquantadue mesi, che però, se togliamo gli ultimi dodici, nei quali tutti i giochi devono essere fatti e tutte le decisioni devono essere già prese, si riducono a quaranta: tre anni e poco più. Quello che mi allarma e` il silenzio che da mesi e` caduto intorno al progetto: si mormora che gli “orti” saranno ridotti al minimo, che ogni nazione realizzerà liberamente il proprio padiglione, che le serre presentate ad aprile, enormi e di difficile realizzazione e gestione, saranno ridotte, che i canali non saranno piu` navigabili, e che, dopo le dimissioni di Stefano Boeri, non esiste più un vero responsabile che firmi il progetto. Sono anche preoccupato perché non sono ancora stati banditi gli annunciati concorsi di architettura per le strutture principali dell´Expo e perché altri mormorii segnalano la decisione di Expo spa di procedere solo a concorsi appalti, data la brevità dei tempi per progettare e costruire. Soluzione che purtroppo ancora una volta omologherà al basso la qualità formale e sostanziale dei progetti. La mia piu` grande gioia sarà di essere smentito e in quel caso ne darò sicuramente pubblico riconoscimento. Un´altra riflessione e` che una Expo Universale non può essere solo un fatto di Milano, ma, come la storia ci ha sempre dimostrato nelle Expo precedenti, e` un evento decisamente internazionale, che ha sempre coinvolto i migliori talenti progettuali del mondo, sia per realizzare strutture comunicative formidabili per documentare ai visitatori i contenuti del tema della manifestazione, sia per presentare al pubblico situazioni ambientali e spaziali di forte impatto emotivo, che hanno sempre anticipato brani di futuro. L´Expo di Shanghai, da poco conclusa, ne e` una testimonianza. Credo anche che nel 2015 sicuramente anche i nostri comportamenti ludici e informativi saranno in parte modificati rispetto a oggi, e che anche la situazione mondiale relativa alla nutrizione potrà avere nuove prospettive: tutte situazioni che occorre prevedere e intercettare oggi per sapere poi utilizzare anche le nuove tecnologie di comunicazione disponibili nel 2015. Allora occorrerà ottenere la partecipazione delle migliori menti creative italiane e internazionali, e per individuarle per tempo si dovrebbe da subito lanciare dei concorsi di idee aperti a tutto il mondo e relativi a tutti gli spazi di rappresentanza dell´Expo. Ancora più stimolante sarebbe che la città di Milano lanci un grande concorso internazionale per ottenere proposte e progetti per la trasformazione del sito, alla conclusione dell´Expo, in un “pezzo” di città nuovo, veramente sostenibile nel senso della migliore qualità architettonica e urbana, e che dia la possibilità di sperimentare nuovi organismi abitativi adeguati ai costumi di vita del prossimo futuro destinati alle giovani generazioni. Come avvenne a Montreal nel ´67 con la Terre des Hommes.
Cesare Maria Casati
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