Il tax day è arrivato e con esso numeri da capogiro. Famiglie e imprese oggi dovranno versare alle casse dell’erario ritenute e addizionali Irpef, Ires, Irap, Iva e Tari oltre all’acconto su Imu e tasi, le tasse sulla casa.
La stima del gettito di questa tranche di imposte, stimata dalla Cgia di Mestre, arriva alla cifra di quasi 50 miliardi di euro. O meglio, per rispetto della precisione, 49,74 miliardi di euro, da far “tremare i polsi” secondo il segretario Giuseppe Bortolussi.
In termini assoluti, si legge nella nota della confederazione, “l’imposta che peserà maggiormente sui bilanci delle aziende italiane sarà il versamento delle ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori delle imprese” che dovranno complessivamente versare quasi 10,4 miliardi di euro.
Subito dietro, una delle imposte più indigeste: l’Imu sulle seconde case e sugli immobili ad uso strumentale, che porterà ai comuni circa 10,1 miliardi di euro.
A seguire l’Iva – 6,8 miliardi -, l’Irap – 4 miliardi –, la prima rata della Tasi – 1,65 miliardi -.
Il gettito di ciascuna imposta definita in questa elaborazione “è stato stimato sulla base dell’andamento registrato negli ultimi anni; oltre a ciò, si è tenuto conto delle principali modifiche legislative intervenute negli anni recenti”.
Tra gli immobili a pagare il conto più salato saranno quelli destinati ad attività produttive delle imprese manifatturiere e commerciali che “fra imposte locali e nazionali sono tartassati ben 5 volte”. A spiegarlo il vicepresidente di Confimi Industria, Flavio Lorenzin, che fa il quadro sulle imposte che i tessuti produttivi dovranno pagare sui capannoni “Imu, il cui carico dal 2012 è pressoché raddoppiato; la Tasi; l’indeducibilità dell’80% dell’Imu ai fini Ires/Irpef; l’indeducibilità totale dell’Imu ai fini Irap; l’indeducibilità ai fini Ires, Irpef e Irap del valore suolo/terreno su cui sorge l’immobile”.
Un grido di allarme importante soprattutto in un momento di ripresa dell’economia dove il sostegno alle attività produttive dovrebbe essere prioritario, a partire anche dalla fiscalità. La richiesta di Confimi è infatti quella di trovare una “soluzione a livello nazionale considerando che i lavoratori e i capannoni in cui operano le imprese non sono fattori speculativi ma fattori produttivi che le politiche industriali di uno Stato dovrebbero agevolare”.
Critica anche Codacons, che lamenta un “generalizzato caos fiscale” prodotto dalla rata Tasi e Imu, la cui parte variabile è determinata dalle aliquote applicate dai comuni, molti dei quali ancora non hanno deliberato eventuali modifiche o detrazioni. Si alimenta così una situazione di “caos a danno dei contribuenti molti dei quali non sanno se e quanto pagare”.
Appare comunque chiaro che 50 miliardi di acconto sulle tasse stonano con le posizioni del Governo di riduzione delle imposte. Riduzione annunciata ma, alla luce dei fatti, rimasta sulla carta: tra tagli di trasferimenti alle Regioni e conseguente modifica delle imposte aliquote delle imposte locali, l’equilibrio sembra sempre più lontano. Sicuramente, ben lungi dall’essere avvicinabile al percorso di riforma che la politica nazionale ha intrapreso in questi mesi.
G.S.
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