Il pm palermitano Nino Di Matteo, durante le sua requisitoria nel processo ai militari del Ros imputati per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, ha citato le intercettazioni delle telefonate tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio, consigliere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Secondo il magistrato, le telefonate sono state “uno dei tanti tentativi di strumentale inquinamento della prova in questo procedimento”. In aula, Di Matteo ha anche riferito che l’ex ministro Mancino appare preoccupato, in una delle chiamate, per un ipotetico accanimento da parte dei pm, che avevano chiesto il confronto in aula con l’ex guardasigilli Claudio Martelli. “Questo è il processo nel quale Mancino ha palesato di non tenere in conto l’autonomia del vostro giudizio, chiamando il consigliere del Presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio, cercando conforto nelle più alte cariche dello Stato per evitare il confronto”.
È bene ricordare che Loris D’Ambrosio è morto per un infarto improvviso proprio mentre esplodeva la polemica sulle intercettazioni tra il Colle e Mancini, lo scorso luglio.
Il pm Nino Di Matteo ha sostenuto che l’ex capo del Ros Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato in relazione alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nei primi anni ’90, avrebbero agito non perché “collusi” o “per paura”, ma perché “in un determinato e delicato frangente storico, obbedendo ad indirizzi di politica criminale per contrastare le stragi, hanno ritenuto di trovare un rimedio assecondando l’ala più moderata di Cosa Nostra”. Il magistrato ha continuato sostenendo che gli imputati avrebbero favorito “la fazione riconducibile a provengano e la sua leadership garantendo il perdurare della sua latitanza”.
Il pm poi fa un appello ai giudici: non bisogna avere dice “pericolosi e istintivamente comprensibili pregiudizi di fronte ad accuse così imbarazzanti nei confronti di due uomini dello Stato”. Bisogna invece valutare “con intelligenza, senza paura, che di fronte alla violazione della legge anche uomini così potenti non possono sottrarsi alle loro condotte”. In quello che ha definito un “processo drammatico”, Di Matteo ha sottolineato l’assurdità delle dichiarazioni rilasciate, “contraddittorie e incompatibili fra loro”.
Intanto lo stesso Di Matteo è stato messo sotto procedimento disciplinare da parte del Pg della Cassazione, per la vicenda delle telefonate tra Mancino e Napolitano, intercettate durante l’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia, e delle quali la Consulta ha ordinato la distruzione. Si contesta a Di Matteo l’aver “ammesso l’esistenza delle telefonate tra l’ex ministro dell’Interno e il capo dello Stato”.
C.D.
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