Si infittisce di ora in ora il mistero su Abdel Majid Touil, il giovane marocchino arrestato tre giorni fa con l’accusa di aver preso parte alla strage del 18 marzo scorso al museo del Bardo.
I servizi segreti tunisini lo accusano di aver partecipato all’organizzazione della strage – nella quale hanno perso la vita 24 persone, fra cui 4 italiani – , ma ben pochi elementi puntano direttamente a lui, e gli inquirenti hanno trovato nuovi riscontri dell’ipotesi che non si sia mai spostato dall’Italia.
Intanto, le polemiche sui punti oscuri della vicenda stanno procurando notevoli grattacapi al governo. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano è al centro di critiche che gli devono ricordare l’imbarazzante caso di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov rimpatriata in fretta e furia nel 2013, con un provvedimento poi giudicato illegittimo dalla Cassazione.
Al giudice Pietro Caccialanza, che lo ha interrogato nell’ambito del procedimento di estradizione in Tunisia, Touil ha ribadito di essere innocente e di non avere niente a che fare con l’attentato. Lo ha riferito alla stampa Silvia Fiorentino, l’avvocato che lo difende.
Com’era prevedibile, il 22enne ha negato il suo consenso all’estradizione in Tunisia.
Negli ultimi giorni Touil, rinchiuso in isolamento nel carcere di San Vittore, ha ripetuto a chiunque abbia incontrato di non capacitarsi del motivo per cui è stato arrestato.
È “provato e spaventato”, ha affermato la sua legale, e ha spiegato di essere rimasto sempre in Italia dallo scorso febbraio.
La diffusione alla stampa di una foto segnaletica non proprio somigliante alle fattezze del giovane marocchino ha alimentato le critiche contro il suo arresto e il clamore che ha suscitato.
Ad esempio, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha definito “affrettati e poco opportuni” i giudizi espressi da esponenti politici “partiti dalla presunzione di colpevolezza”.
“Sono abituato ad aspettare le indagini della Magistratura – ha proseguito il primo cittadino – ho grande fiducia nella magistratura milanese”.
Il ministro Alfano si è attestato sulla difensiva: “Abbiamo eseguito un mandato di arresto internazionale sulla base di indagini svolte in un altro Paese. È lì che va rivolta la domanda. Un mandato di arresto internazionale non è competenza italiana”.
È una cauta presa di distanze, lontanissima dal tono trionfale del tweet con cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi, poche ore dopo l’arresto, aveva ringraziato le forze dell’ordine e si era detto orgoglioso della loro professionalità.
Le testimonianze emerse negli ultimi giorni, oltretutto, hanno fatto perdere corpo all’ipotesi che il giovane possa essere uscito e rientrato con disinvoltura dal nostro paese a dispetto del provvedimento di espulsione emesso nei suoi confronti a febbraio, quando era approdato a Porto Empedocle su un barcone con altri migranti.
A quei tempi, come ha spiegato il ministro Alfano, “nulla a suo carico era stato segnalato dalle autorità tunisine; ne consegue che non era considerato un soggetto pericoloso per la sicurezza nazionale”.
Nei giorni della strage, Abdel Majid Touil non si sarebbe spostato dall’Italia. Oltre ai suoi fratelli e alla madre, ora lo sostiene anche Flavia Caimi, l’insegnante del corso d’italiano che il giovane frequentava nell’istituto comprensivo Franceschi di Trezzano sul Naviglio. “Il 16 e il 19 marzo era in classe”, afferma la docente.
Le fa eco Abderrazzak Touil, uno dei due fratelli di Abdel Mejid, che ha mostrato ai cronisti un quaderno con appunti di lezioni datate dai primi di marzo ai primi di aprile. “C’è la pagina del 19 marzo. Come avrebbe fatto a rientrare dalla Tunisia?”
Il quaderno non fa parte del materiale sequestrato dagli inquirenti nella perquisizione che hanno svolto nella casa dove viveva la famiglia.
Filippo M. Ragusa
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