Dopo l’ultima gaffe di Donald Trump sono rimasti indifferenti in pochi. Sabato, in Florida per un comizio, il presidente USA ha fatto riferimento a un fatto accaduto la sera prima in Svezia. Un fatto tanto grave quanto misterioso: non ne parla nessun quotidiano, né in Svezia né fuori. Un altro fatto “alternativo”, cioè inventato.
Davanti ai suoi sostenitori, con i soliti toni che aveva usato in campagna elettorale, Trump stava ripetendo la teoria per cui l’aumento dell’immigrazione metterebbe il paese a rischio terrorismo. “Guardate cos’è successo in Germania”, ha detto. “Guardate cos’è successo ieri sera in Svezia”. Per poi insistere: “La Svezia! Chi poteva immaginarlo?” E aggiungere: “Guardate cos’è successo a Bruxelles, a Parigi, a Nizza”.
Cos’è successo in Belgio e in Francia, purtroppo, lo sappiamo bene: attentati terroristici con decine di vittime. Ma allora cos’è successo di tanto grave in Svezia?
Niente. O meglio, niente di diverso da tutti gli altri venerdì sera.
Gli svedesi sono stati rapidi ad accorgersene, a non credere ai propri occhi e a reagire com’è umano: facendosene grasse risate. E per qualche ora i social network sono stati invasi da appelli ironici, con hashtag come #PrayForABBA, #JeSuisIKEA e via sciorinando tutti gli altri simboli e gli stereotipi nazionali. Anche un ex premier, Carl Bildt, ha twittato incredulo: “Che cosa ha fumato?”
Per niente divertita, invece, l’ambasciata svedese a Washington, che ha chiesto ufficialmente chiarimenti al dipartimento di Stato. E su Twitter il ministero degli Esteri di Stoccolma ha ricordato che l’Oxford Dictionary ha scelto “post-verità” come parola dell’anno 2016.
Non ci è dato di sapere cosa ne pensi il pubblico della Florida – una parte d’America dove le notizie dalla Svezia non sono esattamente una priorità – o quanti di loro sappiano che in Svezia non è accaduto nessun attentato, né alcunché di paragonabile.
Convincono poco le spiegazioni a posteriori. Qualcuno aveva ipotizzato che Trump avesse confuso Sweden – “Svezia” – e Sehwan, una località del Pakistan dove effettivamente venerdì un terrorista suicida ha ucciso 85 persone.
Il presidente invece ha spiegato di essere stato indotto in errore da un servizio trasmesso da Fox News, dove si sosteneva che in Svezia, da quando è stata adottata la politica delle porte aperte ai rifugiati, sono aumentati crimini sessuali e altri reati violenti. Ma nulla di tutto questo ha alcunché a che fare con venerdì sera.
Soprattutto, questo tentativo di risposta obbliga chi la sente a farsi un’altra domanda: come si informa sul mondo Donald Trump? Della sua avversione per la stampa tradizionale si è scritto tanto: lo scorso weekend ha detto che i media sono “nemici degli americani”, il che ha costretto a una precipitosa rettifica il segretario alla Difesa, John Mattis, e ha prestato il fianco a un nuovo affondo della “fronda” dei repubblicani anti-Trump, capeggiati da John McCain, che gli ha dato del dittatore. Sappiamo che il suo stratega capo alla Casa Bianca è Steve Bannon, ex direttore di Breitbart, un sito di controinformazione – di ispirazione reazionaria e xenofoba – che spesso ha pubblicato notizie false. E da Washington fioccano gli aneddoti sulle informative – ridotte fino all’osso – che richiede ai suoi collaboratori.
A qualcuno è tornato in mente il caso del “massacro di Bowling Green”, citato a sproposito dalla sua collaboratrice Kellyanne Conway. A Bowling Green, nello stato USA del Kentucky, in realtà erano stati solo arrestati due ex qaedisti iracheni che erano riusciti a ottenere asilo politico.
L’ultimo attentato compiuto da un musulmano in Svezia risale al 2010: prima dell’ISIS, prima della crisi dei migranti, perfino prima della Primavera araba. Un cittadino svedese di origini irachene si fece esplodere a Stoccolma, ma rimase l’unica vittima dell’attacco.
Secondo i numeri pubblicati dal governo svedese, il tasso di criminalità nel paese non è cambiato dopo il varo della politica di apertura ai rifugiati.
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