Acqua altissima a Venezia. Una marea straordinaria, dovuta anche all’infelice incontro di due venti, bora dall’alto Adriatico e scirocco dal sud-est, che hanno ostacolato il deflusso delle acque. Ieri sera il picco massimo delle 22.50 è stato di 187 centimetri, mai così dal 1966.
“La città è in ginocchio”, dice il sindaco Brugnaro. Non ci sono soltanto i danni alla Basilica di San Marco, i negozi inondati di acqua e fango, i tre vaporetti affondati e i tanti abattelli che hanno rotto gli ormeggi: tutto è andato sott’acqua, anche gli impianti elettrici. Con l’unica prima conseguenza prevedibile, quella di danni ingenti, gravissimi, che si potranno quantificare dopo che l’acqua che i veneziani stanno spalando si sarà ritirata.
In mattinata c’è stata una nuova marea con un picco decisamente più basso: in mattinata i centimetri registrati dal Centro Maree di Venezia sono stati fermati a 150.
Ma il maltempo che ha flagellato la Serenissima ha fatto anche due vittime, entrambe di Pellestrina, un’isola della laguna: si tratta di un 68enne, rimasto folgorato mentre stava usando una pompa elettrica per far uscire l’acqua dall’abitazione. L’altra vittima è stata trovata morta in casa.
La situazione che si è venuta a creare a Venezia sarà affrontata nel prossimo Cdm. Questo assicurano i sottosegretari veneziani, Pier Paolo Baretta e Andrea Martella, che stanno seguendo per il Governo l’evolversi della situazione emergenziale nella laguna veneta.
Preoccupato anche il segretario della Lega Matteo Salvini che suggerisce: “Si utilizzi subito uno dei tre miliardi che il governo vorrebbe regalare a chi paga con bancomat o carta di credito”, e annuncia un nuovo emendamento alla manovra insieme alla proposta di stanziare 100 milioni per la manutenzione del Mose.
A proposito, i lavori del MO.S.E. (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), quel sistema di paratie, in produzione dal 2003, che deve impedire all’acqua di allagare la città del Doge, a che punto sono?
L’opera è stata pensata negli anni ’80 per difendere Venezia e la sua laguna dall’acqua alta superiore ai 110 centimetri. Il sistema di dighe mobili, la cui realizzazione è stata autorizzata dal ‘Comitatone’ del 3 aprile 2003 e i cui lavori sono partiti lo stesso anno a opera del Consorzio Venezia Nuova, che operava per conto del Magistrato delle Acque di Venezia, emanazione del ministero delle Infrastrutture.
I lavori sono partiti nello stesso anno, quando a Palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi. Il 12 ottobre 2014, alla bocca di porto del Lido-Treporti, una delle tre che permettono l’ingresso in laguna, furono per la prima volta sollevate quattro delle 78 paratie che dovranno difendere la città grazie a un un meccanismo fatto di cassoni di alloggiamento in cemento armato, cerniere e, appunto, paratie. Al sistema idraulico di paratie mobili che stanno appoggiate invisibili sul fondo delle bocche di porto e si alzano con l’alta marea, riempite diaria compressa si affianca la sede operativa all’Arsenale, che già dal 2012 è in grado di fornire previsioni sul meteo e sulle maree con un anticipo di 3 giorni.
Il costo complessivo dell’opera era stato preventivato in circa 7 miliardi di euro e avrebbe dovuto essere completata entro il 2016. Ma nel 2014, lo Stato ha commissariato il Consorzio Venezia Nuova (Cvn) – concessionario del ministero delle Infrastrutture per la realizzazione dei lavori – visto che vari suoi membri erano stati coinvolti dalle indagini della magistratura per aver ricevuto fondi illeciti e avevano patteggiato la pena, e da allora si sono succeduti diversi commissari. Durante l’audizione alla Camera del 26 luglio 2018 l’ingegner Francesco Ossola, amministratore straordinario del Cnv, aveva infatti dichiarato (min. 01:01) che “ad oggi, sono completate le opere per una percentuale del 93 per cento”.
Massimo Cacciari, sindaco della città per due consiliature e da sempre contro la realizzazione del Mose, ora che la città è in ginocchio per la marea record, commenta: “Nulla di nuovo, tutto questo si conosceva quando si è deciso di buttare via i soldi con il Mose”. E ricorda che “esisteva un progetto importante di rialzo di piazza San Marco e di contenimento delle acque per preservare la Basilica da questo fenomeno. Era possibile farlo ma poi tutti i soldi per la manutenzione della città sono stati spesi per il Mose e ora chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
Adesso, però, insieme agli scandali che hanno rallentato i lavori del mostro di ferro che mostra già la ruggine, quel gigante che avrebbe dovuto essere già la salvezza per Venezia, sono lievitati i costi dei lavori che chissà quando vedranno luce. Ca va sans dire, come tante altre storie tutte italiane.
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