Nessuno sapeva. Nessuno sospettava. A sconvolgere l’opinione pubblica nella vicenda dell’immigrato senegalese naturalizzato italiano, che a Crema ha preso in ostaggio 51 ragazzi delle medie e li ha minacciati di morte, sono quei precedenti penali di cui nessuno sapeva. E quella chiara premeditazione di un atto estremo, annunciata tramite un video inviato ad amici in Senegal e in Italia, che però non ha suscitato alcun sospetto e non ha permesso l’adozione di contromisure da parte di nessuno.
La verità è che la strage che poteva essere di immani proporzioni è stata evitata solo grazie alla prontezza di riflessi dei ragazzini che sono riusciti a dare l’allarme alle forze dell’ordine e ai propri genitori.
E’ proprio in conseguenza della prontezza d’intervento dei carabinieri che oggi non stiamo piangendo nessun morto, ed emergono evidenti e gigantesche le lacune nei controlli di sicurezza sia della società che l’aveva assunto, sia della scuola, che per coprire il servizio di trasporto dei propri allievi dalla scuola alla palestra a quella società si era rivolta. Chi è davvero Sy, l’uomo di 46 anni che dal Senegal si è trasferito in Italia e che a Crema chiamano tutti Paolo, che ha chiesto e ottenuto la cittadinanza nel 2004, che nel 2007 è stato condannato a Brescia per guida in stato di ebrezza e nel 2011 per abusi sessuali su una minore? Perché gli era stato affidato un incarico così delicato, dal quale entrambe le sue ‘debolezze’, certificate da sentenze, avrebbero dovuto tenerlo lontano?
Sy non era censito come ‘suspected’, a rischio di radicamento islamico. E secondo l’Antiterrorismo della Digos, del Nucleo informativo e del Ros dei carabinieri, non era considerato neppure un islamico praticante. La sua, piuttosto, è la storia di un forte abuso di alcol. Gli inquirenti stanno verificando eventuali ricoveri o problemi di natura psichica.
Nel suo interrogatorio in Procura, assistito dal legale Fabio Lacchini, ha detto di essere dispiaciuto per i ragazzini, ha ripetuto che non voleva uccidere nessuno. E di non essere un kamikaze. L’unico obiettivo chiaro del suo piano folle era arrivare a Linate: “Volevo prendere un aereo”. Ma non è certo se per partire oppure per bloccare l’aeroporto. “Però non avrei ucciso nessuno”, ha minimizzato davanti ai pm Luca Poniz e Alberto Nobili, capo del pool Antiterrorismo. Ai magistrati ha raccontato di averlo fatto per un ideale, l’idea di chi “vuole attirare l’attenzione in modo eclatante per mettere fine alle morti nel Mediterraneo”. Parla di sé come un ‘eroe’, il solo che ha il coraggio di intervenire per scuotere le coscienze. E lo fa lanciando in strada un pullman carico di bambini e di benzina.
L’attentatore Sy Ousseynou aveva pianificato tutto da almeno tre giorni. Da prima, quindi, dello sbarco a Lampedusa della nave Ong ‘Mare Jonio’, ma anche dell’attacco di Utrecht. Però è possibile – sono convinti gli investigatori – che questi fatti siano stati l’’innesco’. La ‘goccia’. Un’azione di emulazione ma non unicamente, poiché Ousseynou aveva girato un video con il cellulare e ieri mattina lo aveva inviato ad alcuni dei suoi contatti in Italia e in Senegal. Un filmato dove sprona l’Africa a reagire e spende deliri sulla necessità di fermare l’immigrazione. Non un testamento, ma una sorta di delirante manifesto.
Elisa Rocca
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