All’indomani dell’approvazione del ddl sulle Unioni civili (passato al Senato con 173 sì e 71 no) vediamo quali sono i punti principali del maxiemendamento che non prevede né stepchild né obbligo di fedeltà e che dovrà ora passare l’esame della Camera.

Prima di tutto bisogna distinguere tra unioni civili e convivenza: due istituti che il ddl regolarizza per la prima volta. Nel primo caso si tratta di prevedere una serie di norme che mirano a trasformare in obblighi formali, pari (o quasi) a quelli vigenti in un matrimonio civile, l’unione tra persone dello stesso sesso.

L’Unione civile ha valore di atto ufficiale e registrato che costituisce la coppia “di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni”. In virtù di questo, i coniugi possono scegliere di avere un cognome comune.

La coppia così formata deve abitare nella stessa casa e ha “l’obbligo reciproco di provvedere all’assistenza morale e materiale” ma non ha l’obbligo di fedeltà (cosa invece prevista per le coppie etero che si sposano con rito civile).

Per i membri della coppia sposata formata da persone dello stesso stesso, vige il regime della comunione dei beni, a meno che non si accordino in altro modo (ad esempio con un contratto pre matrimoniale).

A beneficiare di un eventuale eredità, pensione di reversibilità o Tfr maturato il partner dell’unione. Per la successione valgono le norme in vigore per il matrimoni: al partner superstite va la “legittima”, cioè il 50%, e il restante va agli eventuali figli. La pensione di reversibilità e il Tfr maturato spettano al partner. In caso di morte al partner superstite va la “legittima”, cioè il 50%, e il restante va ad eventuali figli. Non essendo stata approvata l’adozione – la stepchild adoption è stata stralciata –  il figlio non è beneficiario della pensione, del Tfr e dell’eredità del partner del genitore.

E se la coppia si vuole separare? In quel caso, valgono le norme della legge sul divorzio (1970) ma non sarà necessario il periodo di separazione (che ora è tra sei e  12 mesi).

La convivenza invece è un istituto che regola il legame tra “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

I membri della coppia di fatto possono assistere il partner in ospedale o in carcere ed entrambi possono designare l’altro “quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, e in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie”.

Casa. Benchè in caso di morte del patner, l’altro abbia diritto di subentrare nel contratto di locazione, non è previsto un vero e proprio asse patrimoniale o ereditario che leghi i due “coniugi”: il convivente superstite ha diritto di vivere nell’abitazione solo tra i due e i cinque anni, a seconda della durata della convivenza.

Sono però previsti gli alimenti in caso di separazione “qualora uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”.