“Guarda professore’, sono io, queste sono le mie scarpe, le mie calze e la mia felpa”. E? il più piccolo, ancora sedicenne, il bullo che con l’insegnante di sostegno si vantava delle sue ‘gesta’ ai danni di Antonio Cosimo Stano. Fiero di se stesso, il ragazzino le mostrò uno dei video in cui veniva immortalato mentre picchiava il pensionato, senza specificarne il nome.
E’ quanto emerge nelle indagini sulla morte del pensionato 66enne di Manduria ed è riportato nell’ordinanza di fermo del pm Pina Montanaro. La professoressa, sentita a sommarie informazioni, ha raccontato: “Lo scorso 4 aprile, nel corso delle lezioni, l’alunno (affetto da disabilità cognitiva ndr) mi mostrava un video dal suo telefono cellulare (…) mi disse testualmente ‘guarda guarda professore’, sono io’. Ho quindi visto il video che riproduceva per pochi secondi la scena in cui un giovane indossante un indumento scuro con cappuccio, colpiva violentemente con un pugno in volto un anziano signore, che poi trascinava per terra”. La donna agli inquirenti ha riferito anche di aver avvisato dell’accaduto la madre del 16enne che le riferiva di essere già a conoscenza di detti fatti e che il marito aveva messo in punizione il figlio”.
Il ‘prode’ giovane appartiene alla baby-gang degli “orfanelli”, composta da almeno 14 persone, che agiva indisturbata a Manduria, 33mila abitanti in provincia di Taranto, da mesi, forse anni. Tra essi ci sono i 6 minorenni e i 2 maggiorenni, 19 e 22 anni, identificati dalle forze dell’ordine come gli autori delle violenze che hanno presumibilmente portato alla morte di Cosimo Antonio Stano, pensionato di 66 anni.
L’uomo è deceduto dopo 16 giorni di agonia, il 23 aprile scorso, all’ospedale Giannuzzi, a seguito delle incontenibili emorragie interne probabilmente causate dalle ripetute aggressioni che il gruppo avrebbe perpetrato ai suoi danni, anche con mazze, bastoni e scope.
A lasciare inorriditi, non è solo l’efferatezza del gesto, ma il fatto che i ragazzi “sono rimasti sordi alle invocazioni di aiuto del povero Stano che ha disperatamente cercato di difendersi pronunciando continuamente le parole ‘polizia’ e ‘carabinieri'”. Così ha affermato il procuratore della Repubblica del Tribunale di Taranto, Carlo Maria Capristo, durante la conferenza stampa di questa mattina in cui ha illustrato gli otto fermi.
Ma sorda è rimasta anche parte della cittadinanza che sapeva delle aggressioni, alcune delle quali avvenute di notte e in strada, e non ha sporto denuncia fino ai primi di aprile: “I video circolavano non solo nelle chat, ma in tutta la cittadina di Manduria. In tanti sapevano”, riflette la procuratrice dei minori Pina Montanaro. Lo conferma il fatto che i filmati delle aggressioni siano stati condivisi e commentati anche da altre persone, compresi molti adulti, come è emerso dai primi riscontri investigativi sui telefoni sequestrati ai 14 indagati. “Il lavoro è solo all’inizio. Ora indaghiamo anche sui silenzi”, ha aggiunto il procuratore Capristo.
“Gli autori erano certi dell’impunità perché la vittima era debole – spiegano ancora dalla procura – e così nei video si sente la vittima urlare “Sono solo”. Era stato puntato perché diverso e incapace di difendersi”. In seguito alle varie aggressioni subite, Antonio Stano si era chiuso in casa ed è lì che i poliziotti l’hanno trovato il 5 aprile: malnutrito e in forte stato confusionale.
Nel provvedimento cautelare adottato oggi, i ragazzi identificati sono accusati di tortura, sequestro di persona, violazione di domicilio e danneggiamento aggravato. E a loro si aggiungono altri sei indagati che dovranno rispondere anche per omicidio preterintenzionale, pure se questo reato non è stato ancora configurato.
Ma veniamo ai fatti. Si legge nell’ordinanza : “Dopo aver sfondato a calci la porta di ingresso dell’abitazione dello Stano, nonostante le grida di aiuto e di disperazione della vittima, lo colpivano prima con schiaffi al volto e calci alle gambe e danneggiavano la tapparella davanti alla porta di servizio, il tutto mentre lo Stano veniva deriso ed accerchiato sull’uscio di casa e uno dei 6 minorenni riprendeva la scena con il telefono cellulare di un maggiorenne”. “Insieme a un altro gruppo di ragazzi, già presenti sul posto e in fase di identificazione – si legge ancora – si introducevano nella sua abitazione e, accerchiandolo e costringendolo in un angolo, lo colpivano violentemente su tutto il corpo con mazze, bastoni e scope nel mentre la persona offesa cercava di proteggersi il volto con le braccia ed urlava chiedendo disperatamente aiuto; il tutto tra risate, ghigni ed insulti”.
Ad alimentare il gesto, come sempre in questi casi, la Rete, testimone ed amplificatore di un sadismo che nasce dalla noia e trova nella scarsa educazione e nella povertà culturale il terreno fertile per crescere indisturbato.
E.R.
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