Chi sperava di potersi fare i conti in tasca in vista del pagamento delle nuove imposte sulla casa, dovrà accontentarsi di fare ragionamenti in cifra approssimata. Ad oggi infatti non è ancora chiaro il meccanismo di applicazione delle aliquote sulle imposte sui servizi da parte dei comuni.
Il rischio conseguente è quello di trovarsi a pagare tributi che, nella migliore delle ipotesi, costeranno più o meno proprio quanto la vecchia tassa sulla prima casa di Monti.
Stando a prime stime, il rischio che la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili dei comuni, possa essere più pesante dell’Imu – del 2012, visto che il 90% dell’imposta dello scorso anno è stata praticamente coperta dallo Stato – c’è ed è concreto.
Il problema sta nel riuscire a garantire quelle detrazioni, previste invece con l’Imu, che cancellavano l’imposta alle case di valore basso e la riducevano in maniera consistente per quelle di valore medio.
La ragione è semplice ed è da ricercare nel fatto che mentre l’imposta montiana prevedeva questi sgravi, la Tasi deve essere invece corrisposta da tutti.
Per risolvere questa situazione farraginosa il governo ha proposto l’inserimento nel nuovo dl Enti Locali la proposta già avanzata dallo scorso esecutivo di consentire l’aumento delle aliquote massime sulla Tasi fino allo 0,8 per mille, lasciando ai comuni la possibilità di decidere come applicarla e in che misura, garantendo così, almeno sulla carta, detrazioni e agevolazioni. Non è però automatico che questo meccanismo venga applicato e, se così dovesse essere, i rincari per le case di minor valore fiscale sono in ogni caso assicurati.
Di fatto, i comuni hanno ancora tempo per decidere l’applicazione delle tariffe per il 2014, ma è probabile che la data possa slittare ancora in avanti. Questo dovrebbe dare modo agli enti locali di trovare la miglior sintesi, anche politica, sul tema.
Eccezion fatta per alcune città, come Aosta o Pordenone che hanno già deciso sulle tariffe, altri comuni devono ancora scegliere la strada da percorrere. A Roma ad esempio l’assessore al bilancio Daniela Morgante ha ribadito la volontà “per quanto riguarda la Tasi” di “non voler sfruttare addirittura tutta la leva fiscale, se questo sarà possibile, incidendo sul contenimento delle spese”.
A Roma, infatti, un punto di Tasi “pesa circa 17 milioni di euro – spiega l’assessore – dobbiamo fare un po’ di ragionamenti politici e simulazioni per capire quale sarà la manovra”.
Se però sugli immobili il rischio stangata è alto, ma resta ancora un rischio, per le imprese si profila un vero salasso. Secondo una valutazione dell’Osservatorio Fiscalità della Cna del Veneto, in collaborazione con lo Studio Sintesi di Mestre “è sempre più concreto il rischio per le imprese venete di subire una “maxi TASI”, che farebbe lievitare quest’anno l’Imu 2013 di una somma compresa tra i 67 e i 197 euro, per un laboratorio, e tra i 378 e i 1102 euro, per un opificio”.
“Altro che riduzione delle tasse come sta promettendo il nuovo Governo – afferma Alessandro Conte, Presidente della CNA regionale del Veneto – qui le tasse te le tolgono con la sinistra, ma te le rimettono con la destra e a pagare di più sono sempre le imprese che invece dovrebbero essere sostenute perché possano creare, o almeno mantenere, posti di lavoro”.
Parla di “imbroglio servito” il senatore forzista Maurizio Gasparri:
”La Tasi si conferma una tassa patrimoniale e costerà ai proprietari di immobili addirittura più dell’Imu. Inutile poi che alcuni sindaci facciano il gioco delle tre carte dicendo di aver abbassato le aliquote Tasi rispetto a quelle Imu. Pare, infatti, che l’aumento della Tasi sia legato alle mancate detrazioni. La patrimoniale del governo Renzi già c’è ed è pesantissima per tutti gli italiani”.
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