Filippo Calcagno e Gino Pollicardo sono liberi. I due tecnici italiani erano stati rapiti in Libia insieme a Fausto Piano e Salvatore Failla, morti mercoledì scorso negli scontri fra i loro carcerieri e miliziani fedeli al governo islamista di Tripoli.
Il Sabratha Media Center ha pubblicato una foto dei due uomini, con barbe e capelli lunghi e telefonini all’orecchio. “Siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente”, si legge su un biglietto che hanno scritto, “ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia”.
I quattro italiani lavoravano per la Bonatti, una ditta di Parma che si occupa di costruzione e manutenzione di impianti petroliferi. Erano stati sequestrati lo scorso luglio nei pressi di Sabrata, mentre erano in viaggio dalla Tunisia verso il terminal ENI di Mellitah.
Ieri, nella sua relazione al Copasir sulla morte di Failla e Piano, Marco Minniti – sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi d’informazione – aveva assicurato che i loro due compagni di prigionia fossero vivi.
Intanto circolano due versioni contrastanti sulla dinamica dello scontro in cui sono morti gli altri due italiani. Le milizie di Sabrata sostengono che i loro carcerieri fossero dell’ISIS e che li abbiano usati come scudi umani durante un’irruzione nel loro nascondiglio.
Altri, invece, sostengono che si sia trattato non di un blitz, ma di una sparatoria a un checkpoint, nella quale sarebbero rimasti uccisi insieme ai miliziani che li tenevano in ostaggio. Per il presidente del Consiglio militare di Sabrata, Taher el-Gharably, sarebbero rimasti uccisi durante un “inseguimento” ai danni di un gruppo di jihadisti che stava scappando via dalla città.
C’è stato uno scontro a fuoco, intensi scambi di colpi che hanno provocato la morte di alcuni di loro, mentre il resto è fuggito.
A Sabrata – dove il consiglio municipale, negando l’evidenza, ha sostenuto per mesi che non esistesse alcuna cellula dell’ISIS – i combattimenti si sono impennati negli ultimi giorni. Lo scorso 19 febbraio l’aviazione USA aveva bombardato un campo alla periferia della città: l’obiettivo del raid era Noureddine Chouchane, considerato la mente degli attentati dell’anno scorso al museo del Bardo e sulla spiaggia di Sousse, in Tunisia. Cinque giorni dopo i jihadisti hanno provato ad attaccare in forze il centro della città. Nelle stesse ore in cui sono morti Failla e Piano i seguaci dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi hanno attaccato e sono stati respinti nella cittadina di Ben Guerdane, trenta chilometri oltre la frontiera della Tunisia, che a sua volta ne dista cento da Sabrata.
“Bisogna fare chiarezza, ma cercare la verità vera”, dice il presidente del Copasir Giacomo Stucchi, che ha criticato la pioggia di dettagli contraddittori delle ultime ore. “Questo vuol dire mettere di fronte all’opinione pubblica una tale confusione che impedisce di chiarire quella che è la verità, ma soprattutto condiziona il lavoro di accertamento della verità che stanno facendo soprattutto gli inviati del ROS che devono cercare di capire la dinamica”.
Filippo M. Ragusa
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy