Dopo un avvio di settimana sotto i migliori auspici per effetto delle vittorie di Seppi (molto autorevole l’esordio dell’altoatesino), della Vinci (ed entrambi parsi con il vento in poppa sull’onda lunga dei successi di ‘S-Hertogenbosch ed Eastbourne), della Errani, del ripescato dalle qualificazioni ( aveva perso inopinatamente al quinto set dal carneade De Scheepers), in qualità di lucky loser, Simone Bolelli , oltre a quelle più prevedibili, ma non meno difficili, delle due “signore del nostro tennis”, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, il terzo turno ha segnato un brusco risveglio per tutti i sostenitori dell’Italtennis. In particolare, grande euforia aveva generato il cammino di Simone Bolelli, 26 anni, n. 116 delle classifiche, promessa sin qui mai mantenuta del nostro sport, da un po’ di tempo relegato ai margini del grande tennis e costretto, nei tornei più importanti, ad attraversare le “forche caudine” delle qualificazioni. Proprio come qui, a Wimbledon. E non le aveva superate, sconfitto al 3° turno. Un piccolo aiuto della Dea bendata, però, lo rimetteva in corsa e Simone poteva, così, entrare, sia pure dalla porta di servizio, nel tabellone principale. Qui, superato senza problemi il modesto austriaco Fischer, s’imbatteva in un ostacolo, ai più parso fuori portata, lo svizzero Stanislas Wawrinka, n. 14 del mondo, e giocatore di grande esperienza ad altissimo livello, oltre che dotato di uno dei migliori rovesci ad una mano del circuito. In realtà, il talento, Simone lo ha sempre avuto, e, su questo piano, il confronto con colleghi anche più quotati, come l’elvetico, non deve apparire blasfemo. Ciò che ha sempre fatto difetto al bolognese è stata, come lui stesso ammette con grande onestà intellettuale, la continuità, la capacità di mantenere, durante un match, il medesimo grado di intensità. Non certo il braccio. Se ne è accorto Wawrinka, uscito battuto con un perentorio 7-6, 6-3,7-6, anche se il match avrebbe potuto prendere anche un’altra piega. Soprattutto, nel terzo parziale. Ma in quell’occasione è stato superlativo Bolelli, annullando, sul 4-5, 0-40, ben tre set point consecutivi per l’avversario. Ha servito bene, “SuperBol”, e ha dettato il ritmo degli scambi grazie ad un diritto estremamente incisivo. Colpi, questi, che, però, sono sempre rientrati nel repertorio dell’azzurro, al contrario della risposta al servizio che, invece, contro lo svizzero ha funzionato benissimo. Al 3° turno, però, di fronte ad un giocatore, per caratteristiche simile a Wawrinka, il francese Richard Gasquet, Bolelli ha evidentemente pagato lo sforzo e si è arreso in tre rapidi set. Discreta, invece, la performance di Andreas Seppi contro l’imprevedibile cipriota, Baghdatis che, purtroppo per lui, ha trovato una giornata ispirata. L’altoatesino, dal canto suo, può dolersi di alcuni errori commessi in momenti cruciali del match. Che, a questi livelli, fanno la differenza. Ne è uscita una sconfitta per 6-4, 7-6, 7-5, meno netta di quel che si possa pensare. Nessuna sorpresa, invece, per le eliminazioni immediate di Starace, Cipolla, Volandri, piuttosto chiusi, già in sede di pronostico. Ritiratosi prima dell’inizio del torneo, invece, il grande protagonista di Parigi, Fabio Fognini.
In campo femminile, la Errani, dopo l’eccellente vittoria riportata a danno dell’estone Kanepi ( ad un passo dalla semifinale, qui l’anno scorso), si è poi arresa al turno successivo all’ucraina Kateryna Bondarenko, cedendo di schianto al 3° set. Subito eliminate, invece, Oprandi ( non ancora smaltito l’infortunio patito nella semifinale di ‘S-Hertogenbosch), Brianti e Giorgi. Le speranze maggiori si appuntavano, dunque, com’era prevedibile, su Schiavone, Pennetta e Vinci. Roberta, fresca del trionfo olandese, dopo aver superato bene i primi due ostacoli, si faceva superare dall’ostica Kvitova, n. 8 del mondo, con un doppio 6-3 che non ammette repliche. Troppo potente, dal servizio in giù, la ceca. E, se una giocatrice già potente di suo, riesce anche a sbagliare poco o nulla, diventa pressoché impossibile batterla. La Pennetta ha offerto, dopo due stentate vittorie contro avversarie a lei nettamente inferiori che avevano rafforzato l’impressione di una Flavia in grande difficoltà, una prestazione maiuscola contro la Bartoli, fresca vincitrice ad Eastbourne, semifinalista a Parigi e con già nel curriculum una finale a Londra. Una delle favorite, in sostanza. Beh, Flavia ha giocato, senza alcun tipo di dubbio, la miglior partita dell’anno. Vinto al fotofinish per 7-5 il primo set, cedeva al prepotente ritorno della corsa nel secondo ( perso per 6-4), salvo andare a condurre per 5-3 nel set decisivo. Qui, però, non le riusciva di chiudere il match e la francese la riagganciava sul 5-5, salvo poi prevalere in volata per 9-7, dopo una maratona di ben 3 ore e 9 minuti. Al termine, comunque, la Pennetta si è dichiarata, a buon diritto, finalmente soddisfatta per la qualità del gioco offerta.
Nessun motivo di soddisfazione può avere, invece, la Schiavone, sconfitta anche lei al 3° turno, e anche lei dopo un’autentica odissea, durata addirittura 3 ore e 41 minuti ( diluite in due giorni, causa pioggia), contro la non irresistibile austriaca, Tamira Paszek. Il terzo set, da solo, è durato ben 124 minuti! Francesca, dopo aver incamerato con relativa facilità il primo set, si faceva superare nel secondo e rischiava, addirittura, il tracollo nel terzo. Ma, recuperato lo svantaggio iniziale, di pura grinta (non certo grazie ad gioco traballante: solo il 12% di prime palle in campo e ben 46 errori gratuiti), andava a servire per il match, per due volte. Senza chiudere. Lo faceva, invece, l’austriaca che terminava, così, 11-9 l’estenuante braccio di ferro. Il rammarico, per Francesca, è veramente notevole. E per aver perduto da un’avversaria poco più che discreta. E per non aver sfruttato un “buco” nel tabellone ( avrebbe, in caso, affrontato la Pervak negli ottavi) che le avrebbe spalancato le porte ad un non impossibile quarto di finale ( comunque, già così, il miglior piazzamento della “leonessa” a Londra) contro la fortissima, ma ancora acerba su questi campi, Azarenka. Per il resto, non ci sono state grandi sorprese nel tabellone maschile, salvo l’eliminazione un po’ prematura di Andy Roddick ( tre volte finalista sconfitto), per mano del più atipico degli spagnoli, Feliciano Lopez, e quella del “primo dei secondi”, Robin Soderling, letteralmente annichilito dalla giovane promessa australiana, Bernard Tomic, la cui esplosione stava tardando anche troppo a manifestarsi. Nessun problema per i “fab four”, invece, anche se Murray ha lasciato per strada due set, Djokovic uno ( ma contro un talento assoluto come Baghdatis ci può stare) e Nadal ha un po’ sofferto contro il veterano Muller. Il più sicuro, sin qui, è parso certamente Roger Federer. Nel tabellone femminile, dopo i previsti stenti iniziali, le “sorellone” Williams sembravano aver ripreso quota. Ma, proprio mentre si stanno chiudendo queste righe, Serena ha ceduto di fronte alla Bartoli, per 6-3, 7-6, e Venus sta incontrando grosse difficoltà con la Pironkova. Se dovesse uscire anche la maggiore delle sorelle, sarebbe la seconda volta dal 2000 ( l’unico precedente è quello targato 2006 con la finale Mauresmo-Henin) che il torneo non avrebbe all’atto conclusivo nessuna delle due dominatrici del tennis femminile dell’ultima decade.
Daniele Puppo
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