Marco belinelli sventola il tricolore durante la festa Spurs
Impronosticabile. Solo fino a qualche mese fa. Impensabile, addirittura, fino a qualche anno fa. Eppure è successo. Un cestista italiano con al dito l’anello che solo i campioni dell’Nba possono sfoggiare. Vuol dire essere i migliori tra i migliori nel mondo della palla a spicchi. “Vorrei raccontare di un ragazzo che ha vinto. Una cosa che sembrava incredibile…“, le parole d’elogio di un appassionato che non è un tifoso qualunque. E’ il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Quel ragazzo che ha vinto”, invece, è Marco Belinelli, da San Giovanni Persiceto, provincia di Bologna. Orgoglio di tutto il basket azzurro.
I San antonio Spurs campioni Nba 2014
Con i suoi San Antonio Spurs, allla sua prima stagione in Texas, il Beli (come lo chiamano da sempre in Emilia, ovunque in Italia da quando è negli Usa) ha conquistato il titolo Nba chiudendo sul 4-1 la serie che vedeva opposti ai neroargento nientemeno che i Miami Heat, campioni in carica. E Miami vuol dire anche e soprattutto LeBron James, “il prescelto”, il miglior giocatore del mondo, con un destino da uno dei “Greatest Of All Times” già disegnato.
E’ vero, il minutaggio di Belinelli, in tutti i playoffs, è sceso parecchio. Un pò anche il suo rendimento (è passato da una media-punti di 11.4 in regular season a 5.4 nelle sfide ad eliminazione diretta), ma non è stata, la sua, la presenza di un comprimario. Semplicemente, coach Gregg Popovich ha concesso più tempo in campo al nucleo storico di una franchigia giunta alla quinta affermazione della propria storia. Non muta di un millimetro la valutazione di una stagione straordinaria che Marco ha nobilitato con l’ambitissimo successo nella gara da tre punti dell’All Star Game di febbraio. E, per la guardia emiliana, anche i numeri parlano chiaro: 43% da tre , 5° giocatore in assoluto nella specialità in tutta l’Nba. Per alcune settimane, poi, Belinelli era arrivato a toccare anche percentuali pazzesche che rasentavano il 50%. In quei “magic moments”, era addirittura lui, da San Giovanni Persiceto, il tiratore più letale della lega.
Si è detto di una sorta di favola nel cui lieto fine pochi o, forse, nessuno credeva. “Non è da Nba, tornerà in Europa“, “Torna, non sei bravo, non sei grosso, non difendi“, solo alcune delle ingenerose critiche piovute sulle spalle dell’ex cecchino della Fortitudo, da lui portata allo scudetto nel 2004/05. Spalle larghe, però. Solo così, forgiando un carattere di granito, Belinelli poteva continuare a coltivare il suo sogno, quello di vincere un anello. Non di partecipare. Prima di lui già Rusconi ed Esposito si erano guadagnati l’approdo nell’olimpo del basket. Ma non erano riusciti a vincere. Poi, sarebbe arrivato Andrea Bargnani, il “mago”. Neanche le sue magie si erano spinte così in là. Poi era toccato a lui, Marco Belinelli. E dopo di lui, al “prescelto” della nostra pallacanestro, Danilo Gallinari.
Bargnani, Gallinari, Belinelli. Oppure Gallinari, Bargnani, Belinelli. Il nome di Marco sempre sciorinato per terzo nella filastrocca. Ora, senza nulla togliere agli altri nostri due bravissimi alfieri (e Gallinari promette di diventare un leader nel quintetto base di Denver), la guardia cresciuta nel vivaio della Virtus Bologna ammirando, agli esordi in A, le gesta di quel fuoriclasse che risponde al nome di Manu Ginobili, ha superato il “mago” e “gallo”: lui ha vinto l’anello. Con a fianco Ginobili.
Un deluso LeBron James
Impronosticabile, si è anche detto. Perchè , anche in questo caso, pochi o nessuno credeva che i San Antonio Spurs di Gregg Popovich potessero anche solo tornare all’atto conclusivo a giocarsi il titolo. Dopo la tremenda delusione patita l’anno scorso quando persero le Finals per 4-3 proprio contro Miami, dopo aver stabilito il primato mondiale di occasioni buttate in quasi tutte le gare perse in quella serie maledetta. Ma soprattutto perchè la colonna vertebrale dei neroargento era sempre quella: Duncan-Parker-Ginobili. All’anagrafe, rispettivamente 38 anni, quasi 32, quasi 37. Anche loro, pur campionissimi pluridecorati, oggetto di ingenerose etichette. Li avevano dati per finiti già dopo il titolo del 2007, dai più considerato il canto del cigno dello squadrone texano.
Il trio delle meraviglie degli Spurs: Ginobili, Parker e Duncan
Invece, dopo il record in stagione regolare, dei playoffs mostruosi con gli unici rischi seri corsi con Dallas al 1° turno. Dopo, la cavalcata trionfale con il primato di 12 partite vinte in post season con uno scarto di 15 o più punti e con uno scarto medio nelle quatrro vittorie con Miami di 14 punti, record per una serie di finale. Per non parlare della rimonta nella decisiva gara-5, approcciata con un raggelante 6-22. Ma Duncan, Parker e Ginobili non erano soli. Al loro fianco, il futuro Mvp delle Finals, l’appena 22enne Kawhi Leonard, Boris Diaw, Thiago Splitter, Patty Mills, Danny Green. E lui, Marco Belinelli da San Giovanni Persiceto, fresco di Nettuno d’Oro, massima onorificenza bolognese conferitagli da Virginio Merola, sindaco della città petroniana.
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