Piazza Affari accelera al ribasso col Ftse Mib che perde oltre 3 punti percentuali (-3,31%). Pesanti i bancari con Intesa SanPaolo (-5,7%), UniCredit e Banco Popolare che perdono entrambi il 5 per cento. Riduce il calo Fiat, che perde l’1,39%, mentre Fiat Industrial appare poco variata (-0,33%). Apertura in territorio negativo per Wall Street. Il Dow Jones perde lo 0,31% a 12.461,03 punti, il Nasdaq cede lo 0,59% a 2.822,19 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,37% a 1.326,98 punti. Nuovo record dell’oro che al mercato di New York ha raggiunto i 1,631,20 dollari all’oncia. Quotazioni ai massimi storici anche al mercato di Londra dove il prezzo ha toccato i 1.628,05 dollari. Si presentano deboli le principali borse europee, sulla scia della chiusura dell’Asia, con i future su Wall Street incerti: i contratti sul Dow Jones e sullo S&P500 sono in rialzo a differenza di quelli sul Nasdaq, nel giorno in cui la Fed diffonde il Beige Book, il tradizionale rapporto sullo stato dell’economia dell’Unione. Le vendite di oggi si concentrano su banche, auto ed assicurativi, mentre materie prime e tecnologia appaiono meglio intonate.
In particolare, oltre alle italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit, entrambe in calo del 5%, cedono Dexia (-3,48%), Natixis (-3,01%) ed Rbs (-2,74%), mentre si muovono in controtendenza le greche Alpha Bank (+0,96%) ed Efg Eurobank (+0,35%). Sul settore, oltre alla tensione causata dai timori di un possibile taglio del rating del debito pubblico degli Usa, pesa il taglio della raccomandazione a ‘neutral’ da parte di Goldman’s Oppenheimer sugli istituti europei. Appare ancora marginale invece la variazione dei rendimenti dei titoli di stato, con quelli francesi e tedeschi in ribasso di 4 punti e quelli spagnoli e italiani in rialzo rispettivamente di 12 e 16 punti. In campo automobilistico scivolano Peugeot (-6,73%) , che ha tagliato di 300 milioni le proprie stime sul risultato operativo del secondo semestre, e Renault (-1,65%), che sconta ancora le difficoltà della controllata Nissan, che ha chiuso il secondo trimestre con un utile in calo del 30%. Nel comparto estrattivo-minerario si segnalano rialzi per ArcelorMittal (+1,49%), Petgropavlovsk (+1,16%) e Fresnillo (+0,89%), mentre si muovono a due velocità i tecnologici, con Alcatel (-4,44%) che sprofonda a differenza di Logitech (+2,14%), Sap (+1,82%) ed Stm (+0,5%), in ripresa dopo lo scivolone della vigilia. Difficoltà in campo assicurativo per Ing (-3%), Axa (-2,59%), Aegon (-2,52%) e Aviva (-1,95%). Di seguito, gli indici dei titoli guida delle principali borse europee. – Londra -0,44% – Parigi -0,61% – Francoforte -0,37% – Madrid -0,76% – Milano -2,31% – Amsterdam -0,14% – Stoccolma -0,35% – Zurigo -0,31%. Banche di nuovo nel mirino in Piazza Affari. Nei primi minuti di contrattazioni, con l’indice Ftse Mib in calo dell’1,09% a 18.822 punti, Intesa Sanpaolo lascia sul campo il 3% e Unicredit il 2,74%. Più contenuto il calo di Mps (-1,24%), Bpm (-2,11%) e Banco Popolare (-1,67%), mentre Mediobanca cede lo 0,61% e Generali l’1,08%. L’appello del presidente Barack Obama per un compromesso sull’aumento del tetto del debito cade nel vuoto in Congresso, con i partiti che continuano a duellare. Ma viene recepito dagli americani che, in massa, intasano le linee della Camera per esercitare quella pressione sugli eletti che Obama ha chiesto nel discorso alla nazione. Lo spettro del default si fa sempre più reale, e secondo il segretraio al Tesoro Timothy Geithner, va rimosso dall’economia. I mercati continuano a restare calmi benché preoccupati per il possibile downgrade, ma dietro le quinte si preparano al peggio: alla scadenza del 2 agosto mancano 7 giorni e – avverte la Casa Bianca – in quella data il Tesoro esaurirà le opzioni a sua disposizione per pagare i conti. Un default sarebbe – evidenzia la Casa Bianca – un “cataclisma” sull’economia, ma i repubblicani non cedono e lo speaker della Camera, John Boehner, lancia la sfida: “Abbiamo i voti alla Camera e in Senato per far passare” il piano su un aumento del tetto del debito in due fasi. Una misura alla quale la Casa Bianca si oppone fermamente e sulla quale “minaccia il veto”: se la ricetta Boehner fosse approvata in Congresso e arrivasse al presidente per la firma, Obama opporrebbe il proprio no e rischierebbe di trovarsi sulla spalle la responsabilità di un default. Obama è in contatto con il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, per valutare l’impatto di un default e l’amministrazione starebbe – secondo quanto riportato da Fox – cercando di rassicurare le banche che avrebbero iniziato a ridurre la loro esposizione ai titoli di stato americani. “L’amministrazione si oppone fermamente al passaggio alla camera” del piano dei repubblicani: “se la misura arrivasse al presidente, i suoi advisor gli raccomanderebbero di opporre il veto”, afferma la Casa Bianca. Boehner ostenta sicurezza ma i numeri non sembrerebbero con lui: un gruppo di repubblicani alla camera non crede che ci siano abbastanza voti neanche per il passaggio alla camera stessa, anche se alcuni democratici non si oppongono alla misura. A guidare l’opposizione interna ai repubblicani è Jim Jordan, contraria anche la leader dei Tea Party e candidata alle elezioni 2012 Michelle Bachmann. Il piano Boehner punta a un taglio del deficit di 3.000 miliardi di dollari in 10 anni e un aumento del tetto del debito in due fasi. La misura del leader dei democratici in Senato, Harry Reid, punta a un aumento del tetto del debito da 2.700 miliardi di dollari che copra i bisogni finanziari fino alla fine del 2012 e un taglio delle spese della stessa entità. L’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s non commenta i piani. L’empasse che si è creata sull’aumento del tetto del debito é “pericolosa” afferma Obama. Senza una soluzione si rischia “una profonda crisi economica causata interamente da Washington”, e un default “avventato e irresponsabile”. Obama é fiducioso, un compromesso si raggiungerà anche se ora le parti sono divise e un accordo appare lontano. Secondo il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde, gli Stati Uniti devono risolvere “immediatamente” lo stallo politico sull’aumento del tetto del debito perché non raggiungere una soluzione avrebbe un forte impatto su tutta l’economia mondiale.
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