Era stato delegato ad occuparsi delle cause dei Santi. Ma il cardinale Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congegrazione incaricata di esaminare i documenti su coloro che godono di fama di santità, da parte del popolo di Dio, grazie a un processo, con prove e testimoni, e a miracoli documentati e scientificamente inspiegabili, era assorbito anche da altri incarichi. E da conseguenti problemi.
Una carriera folgorante, senza intoppi, con le nomine alla segreteria di Stato. Poi, due anni fa, la berretta cardinalizia e la responsabilità del dicastero delle Cause di coloro che in obbedienza a Dio hanno vissuto una vita in piena umiltà e al servizio del prossimo.
Ora però per mons. Becciu c’è la fermata ultima, quella che lo obbliga a lasciare la veste e a dimettersi dai vari incarichi.
La ‘bomba’ in Vaticano è scoppiata ieri sera, all’ora di cena, con l’uscita dalla Sala stampa vaticana di un Bollettino che spiegava: “Oggi, giovedì 24 settembre, il Santo Padre ha accettato la rinuncia dalla carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al Cardinalato, presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu”. Non riferisce altro la comunicazione, inconsuetamente diffusa in serata. E secondo quanto si è potuto apprendere, la decisione del Papa è stata comunicata appena poco prima dallo stesso Bergoglio a Becciu in una udienza-choc.
Ci sarebbero anche alcuni fondi e incarichi ottenuti dai fratelli di mons. Angelo Becciu dietro le clamorose dimissioni dell’ex aspirante Papa dalla Congregazione delle cause dei Santi e la sua rinuncia ai diritti connessi al cardinalato, accolte ieri sera da Francesco dopo un’udienzache ha visto un drammatico confronto tra l’ex numero due della Segreteria di Stato vaticana e il pontefice. La vicenda riguarderebbe finanziamenti per diverse centinaia di migliaia di euro finiti in una cooperativa gestita da Antonino Becciu e alle società di Mario e Francesco Becciu, fratelli del Cardinale, ed è oggetto anche di un’inchiesta dell’Espresso che sarà in edicola domenica.
In particolare, contributi Cei e, in parte, dell’Obolo di San Pietro (i ‘soldi per i poveri’ donati dai fedeli), sarebbero andati in diverse operazioni alla Cooperativa Spes di Ozieri (Sassari), struttura di cui è rappresentante legale Antonino Becciu e che lavora a stretto contatto con la Caritas locale. Una vicenda sulla quale si è mossa per accertamenti la Guardia di finanza e su cui, al momento, non ci sarebbero specifici rilievi penali, ma che è stata certamente considerata quanto meno inopportuna da Papa Francesco, che l’avrebbe contestata a Becciu durante l’udienza di ieri sera. Tanto più perché non isolata.
Sarebbero infatti settecentomila gli euro destinati alla carità del Papa finiti in operazioni che avrebbero avvantaggiato i fratelli: un contributo straordinario di centomila euro – provenienti dai ‘soldi per i poveri’ del Papa, l’Obolo di San Pietro – per sostenere le attività caritative della Caritas di Ozieri che sarebbero alla fine state destinate non alla Caritas ma al suo braccio operativo, la cooperativa sociale Spes di cui il fratello di Becciu, Antonino, è presidente. Sarebbero poi contestati altri due contributi da 300mila euro ciascuno elargiti direttamente alla Spes, in seguito a presunte pressioni di Becciu sui vertici della Cei. Analoghe presunte pressioni l’ex numero due della Segreteria di Stato avrebbe effettuato per favorire la sottoscrizione della partnership tra la Caritas di Roma e la società Angel’s Srl di cui è amministratore il fratello Mario. Infine, sotto la lente di Bergoglio, ci sarebbero le commesse affidate alla falegnameria di un altro fratello del cardinale, Francesco, da una serie di Nunziature, tra cui quella dell’Angola – dove lo stesso Becciu è stato nunzio a lungo – per una cifra complessiva di 80mila euro, e quella di Cuba, per circa 15mila euro.
Un giovane brillante
Proveniente da Pittada, in provincia di Sassari, ad Angelo Becciu è riservata una carriera anche diplomatica che lo vede dopo l’ordinazione sacerdotale operare nelle nunziature di paesi africani e latinoamericani, fino ad essere indicato da Benedetto XVI alla sede di Cuba, e sulla delicatezza dell’incarico non è necessario dire oltre: dall’incontro di Fidel Castro con Giovanni Paolo II in poi, il dialogo tra il governatore cubano e la Chiesa romana era andato progressivamente migliorando. Il 10 maggio 2011 era stato Benedetto XVI a nominarle Angelo Becciu Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, e nel 2013 Papa Francesco ne confermava la nomina affidandogli poi un incarico spinoso e delicatissimo nella delicatissima gerarchia degli spinosi problemi diplomatici della Santa Sede: delegato speciale presso il Sovrano militare Ordine di Malta.
La pace tra i cavalieri
Nel 2017, l’esperto prelato deve risolvere la crisi affrontata dell’Ordine ospitaliero apertasi per una faida tra britannici e tedeschi, progressisti e conservatori. Se ne uscirà con una riforma degli statuti interni e la nomina di un Gran Maestro italiano di equilibrio e serietà comprovata, Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto. La missione comunque pare compiuta, e l’anno successivo arriva una nuova promozione: nel maggio 2018 la nomina a prefetto per le cause dei santi e, in contemporanea, la berretta cardinalizia. Ma il momento del successo è anche l’inizio delle difficoltà.
Non è solo una questione di crisi irrisolta all’Ordine di Malta: quando in piena tempesta di Covid dalla Torre lascia la Terra, si vede che le tensioni nello Smom non sono per nulla attenuate, tra interpretazioni dello statuto e scontri sotterranei. Ma la questione centrale è un’altra, e riguarda altri equilibri e altre faccende.
Tutto è iniziato con l’apertura di una inchiesta per la gestione – pare non troppo soddisfacente – dell’acquisto di un palazzo a Sloan Avenue, nella capitale britannica. L’indagine prende avvio da due denunce presentate dallo IOR e dal Revisore Generale, rispettivamente nel luglio e nell’agosto 2019.
Finanzieri, crediti e l’Obolo di San Pietro
Questa la ricostruzione: nel 2014 si ha la sottoscrizione da parte della Segreteria di Stato del fondo “Athena Capital Global Opportunities Fund”, gestito da una Sicav facente capo all’uomo d’affari Raffaele Mincione e proprietario del palazzo di Sloan Avenue. Tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 la Segreteria di Stato cerca di ottenere la disponibilità dello stesso immobile liquidando le quote del fondo di Mincione ma finisce per subire – con il concorso degli indagati – le azioni estorsive e la truffa di Torzi, chiamato in causa come intermediario. Così farà sapere il Vaticano quando la questione sarà esplosa in tutta la sua gravità.
I finanziamenti della Segreteria di Stato a Mincione erano riconducibili a somme di denaro vincolate al sostegno delle attività del Santo Padre: 200 milioni e 500mila dollari, ottenuti ricorrendo secondo le accuse a una complessa architettura finanziaria, attraverso la concessione di linee di credito da parte di istituti finanziari internazionali.
Risultato: già nel settembre 2018 si registrava una perdita di oltre 18 milioni di euro rispetto al valore iniziale relativo all’investimento mobiliare. Nel novembre successivo la Segreteria di Stato, per cercare di contenere le ingenti perdite dell’investimento nel fondo, decideva di risolvere i rapporti con Raffaele Mincione. Alla fine equivarrà a 350 milioni il prezzo pagato dalla Segreteria di Stato per avere la disponibilità del palazzo di Sloan Avenue. Un immobile che era stato acquistato da una società di Mincione nel dicembre 2012 ad un valore di 129 milioni di sterline.
Cosa c’entra Becciu? Becciu all’epoca dei fatti era per l’appunto sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, ruolo per cui viene ritenuto da molti responsabile della presunta speculazione.
Parolin accusa
Si assiste addirittura ad uno scontro fortissimo e con pochi precedenti tra lui ed il Segretario di Stato, Parolin. Quella nella capitale inglese è «un’operazione opaca sulla quale si farà luce», afferma questi, personalità nota per riserbo e che per la prima volta si esprime a riguardo. «Si sta lavorando per chiarire tutto», avverte.
Qualche ora dopo, Becciu rilascia un’intervista piccata: «Perché opaca?». Premette: «Anzitutto è prassi che la Santa Sede investa nel mattone, l’ha fatto sempre: a Roma, a Parigi, in Svizzera e anche a Londra. Pio XII fu il primo ad acquistare degli immobili a Londra. Ci è stata avanzata la proposta di questo storico palazzo e quando fu realizzata non c’era niente di opaco. L’investimento era regolare e registrato a norma di legge».
Becciu definisce «infanganti» le accuse mosse nei suoi confronti da più parti, assicura di non avere «mai manomesso» i soldi dei poveri, e che le «difficoltà» dell’investimento immobiliare londinese sono «nate con il socio di maggioranza», Raffaele Mincione, mai nominato dal cardinale. «Egli disattendendo le indicazioni reiterate continuava a investire in attività che la Segreteria di Stato non poteva condividere».
Il Papa interviene ed è la fine
A mettere il sigillo sulla gravità della cosa interviene Papa Francesco, che aprendo l’anno giudiziario in Vaticano fa cenno all’inchiesta e parla di «situazioni finanziarie sospette, che al di là della eventuale illiceità, mal si conciliano con la natura e le finalità della Chiesa, e che hanno generato disorientamento e inquietudine nella comunità dei fedeli». «Un dato positivo – aggiunge – è che proprio in questo caso, le prime segnalazioni sono partite da autorità interne del Vaticano, attive, sia pure con differenti competenze, nei settori della economia e finanza. Questo dimostra l’efficacia e l’efficienza delle azioni di contrasto, così come richiesto dagli standard internazionali».
Anche questa volta Becciu risponde. Spiega che per quanto riguarda l’acquisto dell’immobile di Londra «l’Obolo di San Pietro non è stato intaccato», ma «si è fatto un investimento su un palazzo» accendendo un mutuo perché gli interessi erano bassi. «Era un’occasione buona – aggiunge – e opportuna, che oggi tanti ci invidiano. Con la Brexit il valore del palazzo si è triplicato». “Posso parlare perché non sono tra gli indagati», aggiunge, «Quanto ai miei collaboratori, li ho conosciuti come persone oneste, dedite al dovere, fedeli. Aspettiamo, ho fiducia nella magistratura. Stanno soffrendo tanto». Quindi la fine di una parabola che fino a due anni fa sembrava avere solo la fase ascendente.
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