La Colombia boccia l’accordo di pace fra il governo di Juan Manuel Santos e i guerriglieri marxisti delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias Colombianas). In un referendum segnato dall’astensionismo – anche a causa dell’uragano Matthew, che proprio in questi giorni ha colpito il Paese sudamericano – ha vinto il no con il 50,23% delle preferenze.
L’esito del voto è stato incerto fino all’ultimo: alla fine la differenza tra i sì e i no si è attestata intorno ai 65 mila voti. Alle urne sono andati in 13 milioni, nemmeno il 40% degli aventi diritto, in un Paese che conta quasi 50 milioni di abitanti.
I negoziati di pace, condotti grazie alla mediazione di Cuba e tormentati da numerose interruzioni, erano durati quattro anni: il trattato era stato firmato all’Avana e presentato lo scorso 26 settembre a Cartagena. Le FARC avevano accettato il disarmo a patto di avere una rappresentanza assicurata alle prossime elezioni parlamentari.
La vittoria del no rilancia le ambizioni dell’ex presidente Alvaro Uribe, che ha governato dal 2002 al 2010 e ha sempre sostenuto la linea dura contro le FARC. Nella campagna referendaria, Uribe ha sostenuto che l’accordo firmato da Santos avrebbe aperto le porte del potere agli ex guerriglieri.
Il conflitto tra Bogotà e le FARC dura dal 1964 e ha provocato circa 200 mila vittime e quasi otto milioni di rifugiati interni (desplazados). Senza dubbio i rivoluzionari si sono macchiati di delitti atroci: hanno disseminato innumerevoli mine antiuomo, reclutato minori a forza, sequestrato stranieri e trafficato droga per finanziarsi. Ma anche dalla parte del governo sono stati compiuti crimini orribili, per mano sia dell’esercito regolare sia di formazioni paramilitari e squadroni della morte. Durante la presidenza Uribe si calcola che l’esercito abbia ucciso almeno tremila civili sospettati a torto di avere legami con le FARC, i cosiddetti falsos positivos.
Il presidente Santos ha affermato di non volersi rassegnare, e si è detto disposto a fare tutto il possibile per ottenere la “pace che tutti cerchiamo”: “Il cessate il fuoco – ha dichiarato – è bilaterale e definitivo”. Anche i rappresentanti delle FARC avevano annunciato che il loro disarmo sarebbe stato “definitivo”. E oggi Timochenko – nome di battaglia di Rodrigo Londono, comandante supremo delle FARC dalla morte del suo predecessore Alfonso Cano, nel 2011 – ha detto che “le Forze armate rivoluzionarie della Colombia mantengono la propria volontà di pace e ribadiscono di essere disponibili a usare solo la parola come arma di costruzione del futuro”.
In un breve discorso a reti unificate, Santos ha preso atto della vittoria del no e ha annunciato di volersi consultare con l’opposizione già dalle prossime ore. Intanto i negoziatori sono già ripartiti per l’Avana per cercare un nuovo accordo con i guerriglieri. L’impresa sarà ardua, non solo perché il trattato bocciato è lungo 297 pagine ed è scaturito da trattative difficilissime, ma anche perché entrambe le parti avevano espressamente escluso questa possibilità.
F.M.R.
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