Egitto: dalla Ue stop alle armi ma nessun congelamento aiuti

Da Bruxelles è arrivato lo stop alla fornitura all’Egitto di materiale che può essere usato per la repressione nelle piazze, come gas lacrimogeno o sfollagente, e revisione delle licenze all’export di equipaggiamento militare. I ministri degli Esteri Ue, riuniti giovedì in un Consiglio straordinario, hanno inteso manifestare in questo modo la condanna dei 28 Paesi europei nei confronti di tutte le violenze,  con la richiesta di rilascio immediato di tutti i prigionieri politici, ed il  messaggio sulla necessità che nel Paese mediterraneo prenda il via ”una roadmap politica” per un processo democratico ed inclusivo.

Nessuna decisione, invece, riguardo agli aiuti finanziari che per il momento non subiscono modifiche nel timore che si possa ”recare danno soprattutto alla popolazione” e chiudere ”la porta” del dialogo.

Soddisfatto il ministro Emma Bonino: già nei giorni scorsi infatti aveva chiesto che la misura sulla fornitura militare adottata dall’Italia a partire da giugno, fosse fatta propria anche dagli altri Stati membri, che comunque decideranno ciascuno per proprio conto. E il tedesco Guido Westerwelle osserva come sia ”un segnale forte e chiaro” agli egiziani. Anche se in realtà – rilevano alcuni osservatori internazionali – ”l’impatto sarà molto limitato” perché il Cairo si rifornisce principalmente da altri Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti.

Il capo della diplomazia italiana, che definisce l’accusa di alto tradimento di El Baradei ”una ritorsione”, ora chiede a Bruxelles ”un riposizionamento davanti allo scontro epocale” che si sta consumando in tutta la regione, diventata ”una lingua di fuoco” dalla Libia alla Siria. Perché avverte: siamo in presenza di un grande conflitto ”all’interno della famiglia sunnita, che si aggiunge a quello tradizionale sunniti-sciiti”. Non è un ”problema Italia-Egitto, Ue-Egitto. E’ molto di più. I rapporti di forza sono completamente cambiati”.

”Un’impostazione che credo sia stata accettata e apprezzata”, afferma il capo della Farnesina prima di lasciare Bruxelles, sottolineando che ”le leve” da manovrare ”non sono quelle economiche”.

Al termine della riunione emerge con estrema chiarezza che il summit di oggi é soprattutto un punto di partenza per un lavoro che verrà approfondito, seguendo ”da vicino le evoluzioni” come spiega un diplomatico inglese. E le ”prudenti conclusioni” un punto di equilibrio per lasciare aperte tutte le strade. Non a caso Bonino – che tuttavia invita a non farsi illusioni sul ruolo da protagonista dell’Ue – osserva: ”vediamo se i canali continuano a restare un po’ aperti. Sarà tutto da rivedere nei prossimi giorni”.

Dal canto suo l’Alto rappresentante Ue Catherine Ashton – già due volte al Cairo a luglio – offre i suoi ”buoni uffici”, ribadendo di essere pronta a tornare in Egitto se richiesto.

Intanto il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius spiega: ”abbiamo deciso di mantenere gli aiuti alla popolazione perchè soffre già enormemente. Sarebbe disastroso ridurli ora”, e il collega britannico William Hague ricorda quanto sia importante non spegnere  ”la fiducia della maggioranza degli egiziani che vogliono un Paese stabile e democratico”, anche per ”tenere aperta la porta del dialogo”. (ANSA).

 

Nel frattempo, sul fronte egiziano tutto sembra tacere dopo gli scontri della scorsa settimana che hanno lasciato sulle strade centinaia di cadaveri, e dopo i primi giorni di questa quando sembrava delineata una tregua tra le forze militari e i fratelli musulmani, in realtà bagnata dal sangue di 27 poliziotti in licenza, uccisi in un agguato nel Sinai,  dopo l’arresto al Cairo della guida suprema dei Fratelli Musulmani, Mohamed Badie.

La Ue aveva in quei giorni fatto sentire finalmente quella voce da più parti reclamata. “C’ è molta preoccupazione per quanto accade in Egitto,
specialmente per le violenze in atto: i diritti umani non vengono rispettati e questa è la cosa che ci preoccupa di più. In più c’ è il problema del flusso migratorio clandestino verso il settore sud dell’ Europa”, aveva detto partecipando ad una trasmissione Rai il vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani. E aveva sottolineato: “A noi europei interessa la stabilità dell’Egitto, continueremo a fare la nostra parte per favorire la crescita economica, ma più di questo non c’ è molto da fare quando esplode una guerra civile, per questo non credo che si possa dire che l’ intervento dell’ Europa è tardivo”. Al vaglio dell’ incontro in programma a Bruxelles l’ ipotesi di stop agli aiuti e il congelamento della vendita di armi e degli aiuti da parte dell’ Europa. “sono alcune delle ipotesi sul tavolo”. La convocazione della riunione e l’ intensità dei contatti che l’ hanno preceduta, sono stati la testimonianza della volontà dell’ Europa di giocare una partita importante senza perdere tempo.
Indipendentemente dalle decisioni sulla sorte degli aiuti europei, subentreranno i paesi del Golfo, chiamati a raccolta dall’ Arabia Saudita per compensare eventuali tagli ai fondi. E, nonostante le centinaia di vittime dallo sgombero dei due accampamenti di piazza Nahda e piazza Rabaa, avvenuto nei
giorni scorsi, il ministro degli esteri egiziano Fahmy, in visita di Stato in Sudan, assicura che l’ Egitto, nonostante il grave momento di crisi, ”è sulla strada giusta”.
I servizi interni israeliani dello Shin Bet hanno invece creato un’ unità speciale contro gli attacchi terroristi provenienti dal Sinai egiziano, le cui risorse anche in termini di uomini sono pari se non superiori a quelle per la
Cisgiordania. Lo Shin Bet ritiene che i militanti siano diverse centinaia, mentre l’ intelligence militare, cui spetta lo spionaggio elettronico, via satellite e con telecamere su piccole mongolfiere, parla di alcune migliaia di uomini.

La comunità internazionale, temendo una nuova immersione nella clandestinità dei Fratelli Musulmani accompagnata da una repressione che potrebbe spingere a un radicalismo terrorista, esercita pressioni affinché ciò non avvenga. Lo fanno gli Stati Uniti, che hanno sollecitato l’ Egitto di Abdel Fattah al Sisi, capo delle Forze armate e nuovo uomo forte del Cairo, a non bandire la Fratellanza; lo ha chiesto Ban Ki-Moon, il segretario generale dell’ Onu, che anzi vuole “uno spazio politico più ampio” per il partito islamista.
Intanto i sostenitori pro-Morsi continuano a programmare nuove manifestazioni al Cairo, mentre al loro deposto presidente arriva un’ ulteriore condanna: altri 30 giorni di carcere per ” incitamento alla violenza”.
Quanto all’arresto del capo del Fratelli Musulmani, Badie, 70 anni, è stato catturato nell’ area della piazza di Rabaa al-Adawiya, epicentro della protesta islamista repressa nel sangue dal regime dei militari. Uno dei figli, di Badie, il 38enne Ammar, era stato ucciso tre giorni fa nel corso degli scontri, nei quali sono morti complessivamente quasi 900 persone.
Badie era latitante da luglio, quando fu accusato di incitamento alla violenza e
all’ omicidio di massa. Dovrà comparire davanti ai giudici il 25 agosto, e il suo ingresso in carcere arriva qualche ora prima (entro le prossime 48 ore, secondo uno dei suoi avvocati che precisa anche che Mubarak, prosciolto
dalla maggior parte dei capi di imputazione a suo carico, riavrà anche il suo grado di generale) della probabile uscita di galera dell’ uomo che lo ha cacciato per anni nella clandestinità, Hosni Mubarak. E’ dunque un segnale preciso quello che i militari sembrano voler mandare al paese e alla comunità internazionale, e del tutto in controtendenza con la Rivoluzione egiziana che due anni mise fuori dal potere l’ allora rais.

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