La vittoriosa maratona ( perché tale va considerata la sfida contro Rafa Nadal, durata ben 4ore e 10’, la quarta finale più lunga nella storia del torneo maschile) portata a termine da Novak Djokovic non ha solo confermato l’ormai indiscutibile leadership del tennista serbo, ma ha contribuito ad aggiungere un ulteriore tassello ad un 2011 da favola per l’atleta slavo la cui stagione sta riscrivendo i libri dei record di questo sport. Nole, con la vittoria di Flushing Meadows ha raggiunto, infatti, la ristretta cerchia di colleghi capaci d ottenere almeno tre successi in una sola annata : Rod Laver ( 1969, anche se quell’anno l’australiano completò il fantastico poker), Mats Wilander ( 1988), Roger Federer ( 2004, 2006, 2007), Rafael Nadal (2010). Ma è l’unico che, ad una tale messe di titoli nei majors, può aggiungere anche ben 5 tornei “Masters 1000” ( peraltro, record assoluto per una sola stagione, ndr): Indian Wells, Miami, Madrid, Roma, Open del Canada. Il che, sommato alle vittorie nei tornei di Dubai e Belgrado, porta il bottino complessivo, ma ancora provvisorio, ad una strabiliante quota di 10 titoli. Inoltre, ed è questo il dato statistico più impressionante, ha portato il suo bilancio stagionale a 64 vittorie a fronte di sole 2 sconfitte, una delle quali, per giunta, provocata da un infortunio che l’ha costretto ad abbandonare il campo durante la finale di Cincinnati contro Andy Murray. La prima gli era stata inferta, invece, da Roger Federer al termine di un’epica semifinale al Roland Garros ( diversamente, dato il parziale stagionale di 6-0 contro Rafa Nadal, si sarebbe parlato, con ogni probabilità, anche di primo tennista della storia a completare il Grande Slam dal 1969 di Rod Laver) che aveva interrotto una striscia di ben 43 successi consecutivi. Il rapporto match vinti/persi di Nole, paragonando le carriere dei vari tennisti al momento della chiusura degli Us Open, è secondo solo a quello di 69 vittorie e 2 sconfitte realizzato da John McEnroe nel suo indimenticabile 1984. Migliore, quindi, dei parziali stagionali di Jimmy Connors nel 1974 (74-3), di Roger Federer nel 2005 (71-3), di Bjorn Borg nel 1980 (58-3). Il favoloso 1984 di John McEnroe si concluse, poi, con un mostruoso bilancio di 84 vittorie e sole 3 sconfitte. Sarà in grado, Djokovic, di fare altrettanto, se non addirittura meglio? Oggi, come in quel 1984, ci sono quattro tennisti ( lo stesso Nole, Nadal, Federer, Murray) che si distaccano, non solo per punti in classifica, ma in termini di valore assoluto, da tutti gli altri. Nel 1984, i “Fab four” erano McEnroe, Lendl, Connors e Wilander. Quattro giganti. Andy Murray deve ancora dimostrare di poterlo diventare. A parte quest’ultima considerazione, il parallelo regge, eccome. L’impresa, ciononostante, si presenta come difficilissima perché l’impressione è che Novak abbia speso in questo sprint stagionale moltissime energie psicofisiche. L’infortunio di Cincinnati e la fatica sostenuta per aver ragione di un avversario a lui nettamente inferiore, come il connazionale Tipsarevic ( battuto anche con l’aiuto della sorte, materializzatasi sotto forma di un infortunio che ha menomato Janko fino a costringerlo al ritiro, ndr), ne sono la testimonianza. Senza dimenticare che, in semifinale, Federer ha praticamente gettato via un match che aveva in tasca ( prima dilapidando un vantaggio di due set a zero e, poi, sciupando un vantaggio di 5-3 con due match point a favore nel 5:, in una sorta di riedizione dello psicodramma già andato in scena sullo stesso campo nel 2010). Lo svizzero rimane un giocatore che, nella singola giornata, può ancora battere il serbo. E Nadal, al termine della sconfitta, è sembrato molto meno abbacchiato di quanto non fosse dopo la finale di Wimbledon. Insomma, la strada dei record è ancora lunga e irta di difficoltà. Djokovic, però, la potrà affrontare con la serena consapevolezza che, comunque vada, sarà stata un successo. Lui cercherà di renderla leggenda.
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