Giornata nera in borsa. La notizia è di quelle che fanno temere per il presente come per il futuro dell’eurozona: l’agenzia internazionale di rating Moody ha retrocesso il debito del Portogallo a livello junk. Letteralmente: ‘spazzatura’. Questo significa che l’agenzia nutre forti dubbi sul fatto che il Portogallo riesca a ripagare gli interessi sul debito pubblico accumulato. Un dubbio che innalzerà in maniera esponenziale gli interessi che lo stesso stato portoghese dovrà versare per i nuovi prestiti di cui abbisogna. Un circolo per nulla virtuoso che, dopo quello della Grecia, tutt’ora allo studio delle autorità europee, profila la concessione di un secondo maxi prestito d’emergenza anche per Lisbona. Già a Maggio, infatti, le autorità portoghesi avevano concordato una fondamentale bancarotta con i partner europei ricevendo 75 miliardi di Euro in sostegno. Oggi, a meno di tre mesi di distanza, quei fondi non sembrano sufficienti ad uscire dal tunnel portoghese. Un tunnel finanziario prodotto più da una lenta decadenza che da traumi spettacolari.
Da anni, infatti, il Portogallo andava perdendo competitività, sotto l’effetto combinato degli aumenti salariali e della diminuzione nei dazi doganali. Con l’avvento della crisi finanziaria il vasto debito pubblico che si era andato, così, accumulando – spedendo il Portogallo più di quanto incamerasse – si è rivelato sempre più difficile da ripagare. Ma, come sempre accade per i paesi europei legati alla valuta unica, il problema non è confinato al solo Portogallo: si teme un effetto a catena sia sui mercati – Milano perdeva il 2 per cento a metà mattinata – sia sui conti degli altri stati.
Dopo la retrocessione del Portogallo non è esagerato chiedersi quale sarà il prossimo e con quali conseguenze. Tanto più che non sono solo i debiti pubblici ad essere interconnessi tra loro e ancorati alla valuta unica, ma anche il destino del settore privato, banche in testa, è legato al rating e alla solvibilità dei singoli stati. Se i conti non tornano, i creditori sono i primi in difficoltà e non è un caso che i titoli più colpiti siano proprio quelli degli istituti di credito: Unicredit e Intesa Sanpaolo perdono oltre il 4%. Sono le banche, infatti, le realtà più esposte. Se il rating dei paesi europei in difficoltà verrà ulteriormente abbassato e si renderanno necessari nuovi prestiti d’emergenza – per non parlare dell’eventualità che qualcuno di essi dichiari addirittura default – sarà difficile che gli istituti di credito non subiscano perdite per le centinaia di miliardi di Euro che hanno già prestato.
Tommaso Vesentini
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